Italian Cinema: Nanni Moretti, ritorno a Cinecittà

Pubblichiamo un lungo estratto della cover story del trimestrale in allegato a Box Office e realizzato in partnership con Cinecittà

Di seguito un lungo estratto dell’intervista di copertina a Nanni Moretti, pubblicata su Italian Cinema del 15-28 febbraio (n. 1), trimestrale in allegato a Box Office. Per leggere il testo integrale, scaricare la versione digitale gratuita dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonarsi direttamente alla versione cartacea della rivista.

In concorso nel 2021 al festival di Cannes con Tre Piani, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo dell’israeliano Eshkol Nevo, Nanni Moretti è uno degli autori italiani più amati all’estero, conteso dai maggiori festival internazionali che l’hanno premiato – in momenti diversi della sua carriera – con i massimi riconoscimenti. Leone d’argento alla Mostra di Venezia nel 1981 con il suo terzo lungometraggio, Sogni d’oro, e Orso d’argento alla Berlinale, cinque anni dopo, con La messa è finita, Moretti ha intrattenuto negli anni un rapporto di grande stima specialmente con il Festival di Cannes, dove nel 1994 ha vinto il Prix de la mise en scène per Caro diario e nel 2001 la Palma d’oro per La stanza del figlio. Dopo aver girato tutti i suoi ultimi film
in ambienti veri, per il suo prossimo progetto, Il sol dell’avvenire, il regista romano tornerà a Cinecittà, dove più di 40 anni fa girò Sogni d’oro, affacciandosi – di tanto in tanto – sul set di un celebre collega: Federico Fellini.

Lei è uno degli artisti italiani più apprezzati all’estero. Quali sono le caratteristiche che permettono alle storie – le sue, ma non solo – di viaggiare, di avere cioè un respiro internazionale?
Mentre scrivo e giro un film non penso mai all’eventuale internazionalità delle mie storie. Quando si fa un film pensando al “pubblico internazionale”, poi si fanno film che, per soddisfare tutti, non piacciono a nessuno. Se i miei film, come dice lei, hanno un respiro internazionale, credo sia anche un fatto di fortuna.

(© Alberto Novelli)

Come ha costruito il suo rapporto di fiducia con il pubblico internazionale? Penso, ad esempio, al particolare affetto che la Francia nutre per il suo cinema.
Mah, a me sembra di non aver costruito nulla. Semplicemente giro un film quando mi pare di aver qualcosa da raccontare, quando ne sento l’urgenza e la necessità. In questo senso penso che un mio film sia sempre autobiografico, anche quando non lo è nei dettagli: ogni mio film mi rappresenta in pieno, perché racconta il sentimento che di volta in volta ho nei confronti degli altri, della società che mi circonda, di me stesso.

Quanto contano oggi i festival internazionali – Berlino, Cannes, Venezia – nel percorso di un film? E quanto sono stati importanti per lei?
I festival contano molto per ogni tipo di film. Per il mio La messa è finita è stato molto importante vincere un premio al Festival di Berlino e in generale ho un legame speciale con il Festival di Cannes, dove sono stato tante volte come regista, produttore, attore e due volte anche come giurato.

La centralità della sala è sempre stato un punto fermo per lei. Quali scenari pensa che possano aprirsi – in questo periodo di grande incertezza – per il futuro del cinema sul grande schermo?
Penso che la sala cinematografica sia essenziale per due tipi di film: i grandi film spettacolari e i film d’autore. Per quanto riguarda un cinema che potremmo chiamare “medio” non ho le idee chiare, forse d’ora in poi il pubblico percepisce che lo può tranquillamente aspettare a casa propria per una visione televisiva, domestica.

(© Alberto Novelli)

Cosa pensa degli autori (per esempio: Scorsese, Cuarón, Fincher, Sorrentino) che scelgono di farsi distribuire dalle grandi piattaforme streaming? Condivide la loro scelta?
Quando lessi che Scorsese stava girando un film per Netflix rimasi molto stupito.Vedere un film al cinema sapendo già che dopo venti giorni sarà distribuito nelle piattaforme mi fa molta impressione. Per me la sala
è insostituibile, e parlo non solo da regista e produttore ma anche da spettatore.

Realizzerebbe mai un film o una serie tv per una piattaforma on demand?
Se faccio un film, lo faccio per i cinema. Per quanto riguarda le serie, non lo escludo in linea di principio, l’importante è che non mi rompano le scatole su nessuna fase della lavorazione: sceneggiatura, riprese, montaggio. Ma a giudicare dai racconti lagnosi che mi fanno amici registi, sceneggiatori e produttori, sembra che…

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