Intervento prudente del ministro Giuliano Urbani al convegno di chiusura del ciclo di incotnri della Bnl “Le radici del futuro”. Dopo la presentazione della ricerca coordinata dal professor Severino Salvemini dell`Universita` Bocconi (ospite dell`incontro), e il relativo dibattito con alcuni esperti e operatori, Urbani ha preso la parola per concludere i lavori. “Il ministero in questo momento è come un cantiere, con tanti progetti e per il quale chiediamo al settore collaborazione e suggerimenti” ha esordito il ministro Urbani, che rispetto alle sollecitazioni di alcuni intervenuti (tra gli altri il presidente di Eagle Pictures Giampaolo Sodano, l’amministratore delegato di Rai Cinema Giancarlo Leone, il direttore marketing di Warner Bros. Italia Alberto Pasquale e il presidente di Italia Cinema Luciana Castellina) ha voluto ricordare che il “legislatore non ha collocato il cinema tra le attività produttive ma in quelle culturali. Non possiamo considerare il cinema, rispetto a temi come il tax shelter o la riforma dei finanziamenti pubblici – che pure consideriamo con attenzione – solo come industria ma anche come arte. E quindi non possiamo, per esempio, solo aver presente il tema del “rientro” dell’investimento culturale; anche se la riforma del finanziamento della produzione e in generale del Fus (che nessuno difende) non potrà non tener conto che finora lo Stato non si è preoccupato se i suoi finanziamenti avrebbero avuto ritorni”. Sull’argomento, Urbani ha anticipato che, oltre a ridurre la quota di intervento statale sui film, si dovrà pensare a suggerire ai produttori come recuperare il restante finanziamento e a realizzare “ricerche di mercato” e altri servizi idonei a disposizione degli operatori per una migliore produzione. “Su questi temi abbiamo chiesto una delega al Parlamento: se l’avremo potremo avere risultati positivi”.Riguardo a Italia Cinema, che voci riportate da e-duesse nei giorni scorsi danno addirituttura in via di chiusura, Urbani ha affermato che “ha operato finora con scarsa dotazione finanziaria. La promozione internazionale è un ca pitolo che vogliamo rivedere: se vogliamo verificare se siamo esportabili, non possiamo farlo senza mezzi. Preferirei, in linea teorica, che lo Stato finanzi qualche film in meno e investire maggiormente nella diffusione estera della nostra produzione”. Ma se su questo punto sarà la stessa Italia Cinema o altre strutture (Anica o Cinecittà, per esempio), il ministro non si è pronunciato.
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