Di seguito un lungo estratto della cover story dedicata a Tomaso Quilleri, esercente responsabile del circuito Il Regno del Cinema, pubblicata su Box Office del 15-28 febbraio 2023 (n. 3-4). Per leggere il testo integrale clicca QUI, oppure scarica la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonati direttamente alla versione cartacea della rivista.
L’esercente Tomaso Quilleri è noto per essere una delle menti più vivaci e innovative del nostro settore cinematografico, pronto a ragionare fuori dagli schemi e sempre alla ricerca di soluzioni inusuali ma concrete. Negli Stati Uniti lo definirebbero disruptive, termine difficilmente traducibile in italiano anche se forse più vicino al nostro “dirompente”. Responsabile del circuito Il Regno del Cinema (7 strutture tra multiplex e monosale a Brescia, Crema e Milano), dove spicca per risultati la sua Multisala Oz di Brescia, e molto attivo in Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinema), dove ricopre il ruolo di presidente regionale Lombardia e di vicepresidente nazionale, Quilleri ha ben chiari gli obiettivi di breve, medio e lungo termine della nostra industria, così come le strade da percorrere per raggiungerli nel minor tempo possibile.

Tomaso Quilleri (© Tommaso Prinetti/Box Office)
Lei ha parlato della necessità di un piano di rilancio del cinema su base triennale che coinvolga tutta la filiera, per tornare a un mercato di 80 milioni di presenze annue. Cosa immagina nel concreto?
Innanzitutto, immagino un’armonizzazione del calendario delle uscite. È arrivato il momento di superare alcune criticità, a partire dal timore dell’Antitrust, per concertare (non ho paura di usare questa parola, perché non mi riferisco a pratiche distorsive del mercato) un’offerta omogenea su 12 mesi l’anno. Questo è l’unico punto di partenza per impostare un reale percorso di crescita. Una continuità di prodotto è essenziale per tenere alto l’interesse del pubblico verso il grande schermo, non possiamo più permetterci periodi di luci spente. Il calendario dei film americani è ormai noto con largo anticipo, strettamente legato a logiche internazionali, e raramente subisce variazioni nel nostro Paese. Intorno ad esso va armonizzato il resto dell’offerta di cinema italiano, di acquisizioni ed eventi, evitando una concentrazione di prodotto irricevibile dal mercato a cui spesso seguono settimane prive di offerta. Resta necessario un sostegno del Governo in termini di campagne e iniziative per gli spettatori, e i P&A dei film devono riequilibrarsi e spostarsi con forza dalle piattaforme al grande schermo. Non è accettabile che gran parte del prodotto esca al cinema senza un adeguato lancio in termini marketing e di visibilità. Ma non è sufficiente. Fare affidamento su saltuarie campagne istituzionali a sostegno della sala e sui singoli lanci dei film – purtroppo non sempre penetranti – non basta più per recuperare il ritardo in termini di comunicazione e attenzione che il nostro settore ha accumulato.
Ha qualche proposta da lanciare?
Credo sia arrivato il momento che esercizio e distribuzione pensino ad una campagna permanente a sostegno del segmento theatrical, finanziata da un piccolo prelievo automatico su ogni biglietto, come avviene per il DEM, da destinare poi in comunicazione a tutti i livelli: carta stampata, Tv, radio e social. Un piano che coinvolga un’agenzia dinamica e competente, supervisionata dai rappresentanti di esercizio e distribuzione, che lavori per il rilancio del “marchio” Cinema. Respingere con forza il messaggio “Porta il cinema a casa tua”, giusto per citare un noto spot, è una missione da vincere a ogni costo, perché non c’è Cinema senza sala.

Tomaso Quilleri (© Tommaso Prinetti/Box Office)
Si può dire che lei non sia mai stato un grande fan di scontistiche al ribasso per attrarre il pubblico in sala. Ma cosa pensa di un biglietto flessibile a seconda del film, dei giorni e degli orari di programmazione?
Mi spiego meglio. Sono contro una riduzione ingiustificata e tout court del prezzo del biglietto come mezzo per riportare il pubblico in sala in un momento di crisi. Il biglietto non può costare meno di un aperitivo… Sono, invece, a favore di una flessibilità a seconda di giorno, fascia oraria e target, sempre all’interno di iniziative circostanziate, di breve durata, riconoscibili e, soprattutto, eventizzate con una comunicazione incisiva. Ad esempio, si potrebbe offrire una scontistica su scala nazionale per un solo giorno alla settimana (penso al mercoledì), escluse le prime visioni, così da inviare alle sale un impulso positivo anche al di fuori dei weekend. Però ci tengo a essere chiaro: anche in questo caso il prezzo del biglietto non deve essere inferiore ai 4-5 euro, bisogna dimenticare i 2 euro di Franceschini. In termini di flessibilità, invece, è difficile modulare il prezzo sulla base del film in uscita, perché si rischia di instaurare nel pubblico la percezione che esista un cinema di seria A e un cinema di serie B. Diverso è quando si programma un evento particolarmente forte – penso ad Avatar 2 – che può essere venduto facilmente a un prezzo più alto. Piuttosto andrebbe accentuato il ruolo di filtro da parte delle sale nei confronti dei film di standard qualitativi bassi e con investimenti di lancio insufficienti.
Ha richiamato più volte a regole chiare sulle finestre di sfruttamento. Ci spieghi meglio la sua visione.
Fermo restando che il mondo di oggi non è più quello del pre-pandemia, ritengo sia innanzitutto necessario fissare regole chiare in ambito window per non disorientare ulteriormente il pubblico. Il problema, infatti, non è solo l’accorciamento eccessivo tout court delle finestre, quanto la confusione del messaggio: le persone non hanno più idea del periodo che intercorre tra l’esordio in sala di un film, qualunque esso sia, e lo sfruttamento successivo. Credo che meno di 90 giorni sarebbe un errore viste le condizioni del nostro mercato. Se poi, in una fase successiva, il mercato riuscisse a stabilizzarsi su antichi equilibri, allora si potrà pensare a una rimodulazione della window sulla base di particolari deroghe per film di piccolo budget, di sperimentazione, magari usciti in poche sale. Ma le deroghe devono partire da una regola, non viceversa.
Quest’anno l’offerta di blockbuster sarà sufficiente a mantenere alto il livello di attenzione del pubblico?
Ancora una volta, purtroppo, noto un disarmonico calendario delle uscite, privo di una continuità di offerta su tutti i mesi dell’anno, con il rischio di dover riaccendere l’attenzione del pubblico dopo l’ennesimo periodo di buio. Al momento, l’arco temporale potenzialmente più forte in termini di incassi mi sembra quello che si snoda dalla primavera all’estate inoltrata, più precisamente da inizio maggio a fine luglio. È un’occasione che non possiamo perdere. Per giudicare il secondo semestre dell’anno, invece, dovremo attendere il posizionamento dei film italiani; abbiamo già visto durante le festività natalizie quanto sia importante poter contare su un prodotto nazionale di appeal. Ognuno deve fare la sua parte ed è responsabilità di tutto il settore investire e garantire un costante flusso di prodotto.
Azzardiamo una previsione: come chiuderà il 2023 rispetto all’anno precedente?
Sicuramente in crescita, non ho dubbi. Toccando ferro, basterebbe che non si ripresentasse l’emergenza sanitaria che ci ha colpiti nel 2022 specialmente tra gennaio a marzo. E visti i film già posizionati, credo ci si possa avvicinare ai 70 milioni di biglietti venduti nel 2023. Anche perché, come ho sempre ribadito in più occasioni, per tornare a 100 milioni di biglietti bisogna avere la pazienza di percorrere tutta la strada. Non si può pensare di passare da 45 a 100 milioni in un colpo solo.
L’ultimo anno si divide in un post-Avatar e in un pre-Avatar. Lei quali conclusioni trae da questo fenomeno?
Eravamo tutti in attesa di un fenomeno di questa portata che dimostrasse ancora una volta come la sala cinematografica fosse il luogo privilegiato per fruire grandi film. E la risposta è arrivata con forza grazie ad Avatar 2, che è riuscito a superare ampiamente il tetto dei 40 milioni di euro in un mercato ancora sofferente. Questo risultato è un messaggio chiaro all’industria sul futuro del settore theatrical e ne traccia una strada chiara: servono grandi produzioni e grandi investimenti. Se nell’immaginario collettivo la sala torna a essere il luogo di elezione per vedere il grande cinema, sia di autore che commerciale, allora non c’è più il rischio che venga confuso con il piccolo schermo. Dobbiamo selezionare il prodotto che accede alla sala, perché il pubblico che paga un biglietto deve trovare luoghi accoglienti, servizi premium e grandi film. La formula è tutta qui e Avatar ce lo ripete ancora una volta, riportando addirittura in vita la tecnologia 3D, che riscopre tutto il suo potenziale e non viene ridotta a un semplice specchietto per le allodole. Anzi, in questo caso il 3D ha eventizzato ulteriormente un prodotto che poteva essere fruito in questa modalità solo in sala.
Ci elenchi le prime tre urgenze, in ordine di importanza, che il settore è chiamato ad affrontare il prima possibile.
Riordino del tax credit, cronologia dei media, e armonizzazione dell’offerta su 12 mesi. Ma procediamo per gradi. La prima è il riordino del sistema tax credit per tutta la filiera: produzione, distribuzione ed esercizio. Lato produzione, va rivisto il sistema di finanziamento del prodotto italiano: non possono essere finanziati in un anno quasi 500 film teoricamente destinati alla sala, il cui 90% non crea alcun valore per il mercato. Per la distribuzione è essenziale il tax credit sul P&A per garantire investimenti continui nel lancio dei film, soprattutto in estate, mentre per l’esercizio è importante che diventino strutturali il tax credit sui costi di funzionamento e sugli investimenti anche oltre l’orizzonte del 2023. Il tema della sostenibilità economica della sala e della sua redditività è ormai evidente: la sala ha bisogno di essere accompagnata e sostenuta per poter rimanere accesa e fornire al mercato tutti gli schermi necessari, perché non bastano i multiplex ma serve anche la profondità.

Tomaso Quilleri (© Tommaso Prinetti/Box Office)
Come ha chiuso il 2022 Il Regno del Cinema?
È difficile fare una fotografia dell’andamento del nostro circuito, perché è molto eterogeneo: ci sono sale più commerciali e performanti come la Mutlisala Oz di Brescia, e monosale di presidio culturale cittadino. Sono moderatamente soddisfatto dei risultati di Oz, che con un -36% sul 2019 e un -27% sul 2018 ha registrato numeri complessivamente migliori rispetto alla media di mercato. Altre strutture come il Colosseo e l’Eliseo di Milano, invece, si attestano a perdite intorno al 40-43% e credo che molto sia legato anche alla tipologia di programmazione e di pubblico – generalmente più adulto – che popola le sale.
Con la pandemia avete posticipato diversi interventi di ristrutturazione. Ora siete pronti a ripartire?
In realtà alcuni interventi meno evidenti agli occhi dello spettatore sono già in corso. Per quanto riguarda la Multisala Oz abbiamo quasi completato la transizione al laser di tutti i proiettori grazie ai fondi del PNRR e, per estate/autunno 2023, sono in programma altre azioni di rinnovo sale dove perderemo qualche posto per guadagnare in termini di comfort. La prossima estate anche la…
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