Agis: presentate le proposte del Coordinamento cinema (I)

Sono state presentate ieri in una conferenza stampa a Roma le 10 proposte al governo del Coordinamento cinema, il comitato nato all’interno dell’Agis che riunisce le associazioni che fanno riferimento all’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, tra cui gli esercenti cinematografici (Anec), autori e produttori indipendenti (Api), gli esercenti cattolici (Acec) e i cinema d’essai (Fice). Presenti Paolo Protti (responsabile Coordinamento cinema), Angelo Barbagallo (presidente Api), Walter Vacchino (presidente Anec), Lionello Cerri che, secondo Paolo Protti, “traghetterà il coordinamento nella costituenda Federcinema” e Alberto Francesconi (presidente Agis). Barbagallo ha dichiarato: “Il nostro obiettivo è l’intervento sulle norme vigenti per rafforzare la produzione italiana in un rapporto più sano con gli autori e il mercato. Il primo punto è trovare risorse importanti per lo sviluppo di progetti e attività che in Italia non sono molto curate. Fra gli altri punti della nostra proposta c’e l’abbassamento al 50% dell’intervento statale per il fondo di garanzia (ma contemporaneamente una spinta alle coproduzioni che oggi sono svantaggiose per chi riceve i fondi pubblici); un fondo di garanzia speciale per i film ad alto contenuto spettacolare e con un grosso budget (finanziamento automatico dal costo sotto la linea superiore a 6 milioni di euro e un intervento statale fino al 25% del budget per un tetto massimo di 8 milioni di euro); conferma dell’aiuto ai film dell’articolo 8 (opere prime), e un fondo a favore della distribuzione (qualunque azienda distribuisca un film italiano avrebbe diritto a un contributo per ogni biglietto staccato da reinvestire nel cinema italiano)”. Quanto al problema della Tv Barbagallo ha richiesto il rispetto della legge 122 da parte di Rai e Mediaset e regole più precise rispetto alla Pay Tv: “Avremo un unico player, Murdoch, non ha senso che la legge gli chieda di investire nel cinema italiano solo il 10% della raccolta pubblicitaria quando è noto che le Pay Tv vivono di abbonamenti. Bisogna introdurre il modello francese ovvero gli introiti dagli abbonamenti e dalla pubblicità”.

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