Ci vorrà tempo prima che si concluda la fase di transizione in cui verte oggi l’industria cinematografica. Gli stessi studios stanno ancora tirando le somme sulle sperimentazioni avviate nell’ultimo anno e mezzo, alla ricerca di un modello di business che massimizzi la catena del valore di un film, e stanno cercando la propria identità nel mondo post-covid, tra acquisizioni e fusioni colossali. Ma in attesa che il mercato si stabilizzi e si avvicini a numeri pre-pandemia, è importante che si inizi subito a dialogare su temi che prima o poi andranno affrontati, a partire dalla window theatrical. Apprezzabile la linea di Universal nel tracciare una finestra chiara di 60 giorni per i suoi film. Un periodo temporale che già avevamo auspicato sulle pagine di Box Office e che continuiamo a ritenere adatto per tutelare la sala senza svalutarne l’esperienza. In un mondo abituato a fruire tutto e subito tra le proprie mura domestiche, due mesi potrebbe essere una soluzione temporanea interessante a cui altre major e broadcaster potrebbero momentaneamente adeguarsi. Poi si potrà valutare insieme se sia utile che questa window diventi Legge o una semplice autoregolamentazione tra le parti. L’importante è fare un passo alla volta, avendo a cuore il bene del mercato, perché in gioco c’è la sopravvivenza di tutti.
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