Le frizioni di qualche mese fa tra la presidenza dell’unione produttori Anica e quattro grandi produttori associati sono probabilmente la punta dell’iceberg di un annoso problema, ovvero quello della rappresentanza. Che membri della stessa associazione abbiano interessi diversi, infatti, è un dato quasi
scontato: inevitabilmente un’associazione rappresenta una pluralità di soggetti di dimensioni diverse e con obiettivi differenti. Dovrà essere il presidente dell’unione produttori Anica a trovare la sintesi, eventualmente. C’è poi un altro tema che dovrà essere affrontato, e cioè il fatto che esistano due associazioni di produttori audiovisivi: Apa e l’unione produttori Anica. Si tratta di due associazioni storiche, ognuna con la sua genesi, le sue peculiarità e, ovviamente, i suoi interessi. La prima nasce da produttori principalmente televisivi, la seconda – più antica – nasce da produttori cinematografici. Ma è sotto gli occhi di tutti che queste categorie non sono più adeguate ai tempi. Oggi, infatti, i produttori che garantiscono un minimo di continuità produttiva realizzano film per la sala, Originals per le piattaforme e serie Tv. Gli stessi Iginio Straffi di Rainbow e Alessandro Usai di Colorado Film affermano esplicitamente sulle pagine di questo Box Office che non si può continuare ad appartenere a due associazioni di produttori, proprio perché ormai non esistono quasi più produttori che realizzano solo film per la sala o solo serie Tv per il piccolo schermo. Piccolo e grande schermo sono ormai due facce della stessa medaglia. Per questo sarebbe auspicabile un maggior confronto tra Apa e l’unione produttori Anica che porti alla creazione di un’unica associazione o di una federazione comune, con regole chiare e un’unica voce. Altrimenti si rischierà che gli associati inizino ad abbandonare una delle due associazioni o, ancora peggio, a non riconoscersi più in nessuna delle due, con una conseguente perdita di rappresentanza da parte di entrambe.
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