La window theatrical è il tema più caldo su cui l’intero settore cinematografico italiano sta dibattendo da diverso tempo e su cui fatica ad avere una visione unitaria. Dibattito che spesso porta a guardare alle finestre francesi come il modello a cui anche l’Italia dovrebbe aspirare. Per questo Xavier Albert, Managing Director di Universal Pictures in Italia e in Francia, ha deciso di intervenire in esclusiva su e-duesse.it per spiegare nel dettaglio la cronologia di sfruttamento dei film in Francia. E racconta come, secondo lui, in Italia un sistema di regolamentazione di window più rigido da 90 o 180 giorni possa essere in realtà controproducente. «Negli ultimi tempi mi è capitato spesso di confrontarmi, ascoltare pareri, o leggere articoli sul tema, sempre più essenziale, delle window in Italia», spiega Xavier Albert. «In queste occasioni venivano spesso messe sul tavolo, come parametro di paragone, le regole di sfruttamento delle finestre in Francia. Tuttavia, ho avuto l’impressione che sulle regole francesi ci sia spesso un po’ di confusione, o comunque una imprecisa conoscenza di come realmente funzioni la cronologia di sfruttamento dei film Oltralpe. Per questo credo sia importante fare chiarezza su come funzionino le window nel mercato francese».
IL MODELLO FRANCESE: COME FUNZIONA REALMENTE
«In Francia un film, dopo essere uscito nelle sale cinematografiche (avendo prima ottenuto il visto dal CNC), può avere una seconda finestra di sfruttamento nell’home video fisico (Dvd/Blu-ray) o digitale (transazionale VOD-EST), a partire da 90 giorni dopo la theatrical realease se il titolo ha registrato 100.000 presenze dopo 4 settimane. I giorni salgono a 120 giorni se il film ha registrato oltre 100.000 presenze. Dall’inizio del 2022, la terza finestra è quella della Pay Tv (Canal +/-OCS), che parte 6 mesi dopo l’uscita in sala, e ha un’esclusiva di 9 mesi.
Da qui si arriva alla quarta finestra, quella dello SVOD, che ha due opzioni: una finestra che parte dai 15 mesi dalla theatrical release se è stato siglato un accordo con le associazioni di rappresentanza dell’industria cinematografica (e al momento è solo Netflix, tra le OTT, ad aver firmato), o una finestra di 17 mesi per le altre piattaforme streaming senza un accordo (ovvero Pay TV 2, quindi Prime Video, Apple TV+, Disney + e Cine +).
Infine, dopo questo periodo di 7 o 5 mesi di esclusiva sulle piattaforme SVOD, parte la quinta finestra, quella della TV gratuita (TF1/France TV/ M6, ecc.) che inizia dunque a 22 mesi dall’uscita in sala dei film».
TUTELA DELLA SALA, MA NON SOLO
«Questa è la cronologia di sfruttamento in Francia, un modello complesso da capire (non solo per il pubblico ma anche per gli operatori), che si basa su due principi fondamentali. Il primo è la tutela della finestra theatrical con un periodo di esclusività dettato dalla legge (che in realtà riguarda solo la finestra dell’home video fisico e digitale), ma c’è anche – e questo è il secondo punto – la garanzia di esclusività concessa solo a fronte di investimenti finanziari. Investimenti finanziari realizzati sotto forma di pre-acquisti di diritti nell’ottica di dare il proprio contributo e sostenere l’ecosistema delle produzioni nazionali francesi. In sostanza, più una società investe (e legalmente si è obbligati a investire secondo regole ben precise) in produzioni francesi, più corta è la finestra alla quale si ha diritto dopo l’uscita in sala. Quindi, l’obiettivo principale non è necessariamente quello di preservare l’esclusività della sala, pur riconoscendo il fatto che la sala è il punto di partenza della vita di un film e la sua prima finestra di sfruttamento».
NON TANTO UNA LEGGE, MA UN ACCORDO DEL SETTORE
«Ma c’è un altro punto importante da sottolineare. Gran parte di questa cronologia di sfruttamento – con l’esclusione della seconda window dell’home video che parte da 3 o 4 mesi a seconda delle presenze registrate in sala e che è normalizzata per Legge – è regolata da accordi professionali tra le parti. Le window successive all’home video, la loro durata e periodo di esclusività, sono solo il risultato di lunghi confronti tra le associazioni di categoria (esercenti, produttori, distributori, autori, registi, sceneggiatori…) e i broadcaster (canali televisivi a pagamento e gratuiti, piattaforme streaming, ecc.)
Non è quindi il Governo francese, attraverso l’organo delegato del CNC (Centre National du Cinéma et de l’image animée), a decidere la durata effettiva delle finestre. L’unico compito del Governo e delle istituzioni pubbliche è, attraverso il CNC, di fornire un quadro di discussione e guidare i confronti tra le parti in modo che la discussione proceda.
Per fare chiarezza, la cronologia delle window in Francia (rivista a inizio 2022) è il risultato di oltre due anni di discussioni. E ha lo scopo di integrare il più rapidamente possibile le piattaforme streaming, con Netflix in prima battuta, dopo il voto della direttiva AMS dell’UE che impone un certo investimento finanziario a livello locale da parte degli streamer globali.
Mi sembra che questi siano dei punti essenziali da ricordare perché evidenziano chiaramente che la questione principale non è tanto quella di difendere la sala – che rimane comunque il motore e la locomotiva cruciale nel ciclo di vita di un film – quanto quella di rafforzare finanziariamente un intero modello di industria cinematografica in pericolo, quello della produzione e distribuzione dei film.
La mia impressione è che siamo tutti d’accordo sul valore di una finestra di esclusiva theatrical, ma la durata di questa finestra deve essere il risultato di una riflessione collettiva all’interno del settore».
TROPPA RIGIDITÀ È CONTROPRODUCENTE
«Una regolamentazione troppo rigida delle finestre non può che generare storture: come vediamo in Francia, non può esistere un unico modello per tutti i tipi di film, perché ogni film è diverso e ha un percorso unico in sala. Per fare un esempio che ci riguarda da vicino, considerando tutti i film distribuiti al cinema da Universal Pictures Italia tra il 2015 e il 2019, il 95% degli incassi è stato realizzato nei primi 28 giorni. Questi numeri sono molto vicini, se non uguali, alla maggior parte dei film presenti sul mercato. Considerando questi numeri, imporre una finestra a 90 o 180 giorni ha il forte rischio di ridurre notevolmente l’impatto del nostro lavoro di distributori, dei nostri investimenti promozionali fatti per l’uscita in sala, di tutte le nostre operazioni che alla fine costruiscono un valore per il film (indipendentemente dal suo risultato al box office). Operazioni e investimenti che dovrebbero generare il desiderio di vedere quel film su altri supporti, qualunque essi siano. In definitiva, estendere troppo la finestra di esclusiva nelle sale andrebbe in realtà a ridurre la sua costruzione di valore generato dalle sale stesse, a scapito dell’intero settore. Quindi si ritorcerebbe contro la finestra di esclusiva theatrical che andrebbe paradossalmente a perdere un po’ di valore…».
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