Tusma, Occhipinti: «Un’occasione mancata per tutelare gli indipendenti»

Il presidente di Lucky Red, Andrea Occhipinti, inaugura un giro di interviste a produttori cinematografici sulla recente riforma del Tusma
Andrea Occhipinti, presidente di Lucky Red (© Getty Images)

Con Andrea Occhipinti, presidente di Lucky Red, apriamo un giro di interviste in esclusiva a produttori cinematografici per scoprire cosa pensano della revisione delle quote contenuta nella recente riforma del Tusma (Testo unico dei servizi di media audiovisivi).

«Apprezziamo molto la decisione del Governo di incrementare l’investimento sul prodotto italiano, peccato manchi la sotto-quota animazione e che l’obbligo di investimento nel complesso sia stato ridimensionato, abbassando la quota europea», spiega Andrea Occhipinti, presidente di Lucky Red. «Anche se siamo contenti che le piattaforme globali investiranno di più sui film e le serie di casa nostra, il taglio della quota europea non faciliterà la reciprocità tra i produttori dei vari Paesi. Viviamo in un ecosistema in cui le coproduzioni sono sempre più importanti e in questo tipo di partnership la reciprocità è fondamentale.

La preoccupazione principale è che nel Tusma non abbiano normato il tema dei diritti che debbono rimanere in capo al produttore. C’è una disparità negoziale enorme tra produttori, soprattutto quelli che non fanno parte di grandi gruppi, e broadcaster che tendono a tenere i diritti per molti anni, alle loro condizioni. Non avendo raggiunto una posizione condivisa ai tavoli delle trattative, avevamo chiesto che la materia fosse regolata nel Tusma come era previsto. Tutte le decisioni sono, invece, rimandate al decreto tax credit che è in preparazione. Sarebbe stato più tutelante e vincolante che la questione fosse definita nella legge madre piuttosto che in un decreto ministeriale che può essere cambiato o cancellato con più facilità.

C’è un altro aspetto importante che avremmo voluto fosse chiarito ed è stato demandato ad Agcom, cioè il tentativo di far includere i costi di distribuzione, promozione e doppiaggio di un film o di una serie nel computo dell’investimento obbligatorio in produzione, una “gabola” per alleggerire la quota di investimenti sulla produzione italiana. Nell’ultimo regolamento approvato, Agcom li ha già esclusi dal computo delle quote. Rti e Rai sono ricorsi al Tar che ha dato ragione ad Agcom. Sarebbe stato auspicabile che questa materia venisse regolata una volta per tutte nella legge madre.

Altro aspetto fondamentale è che gli obblighi di investimento generino un effetto virtuoso rispetto all’accessibilità dei prodotti e dei diritti. La tendenza in atto è invece che pochi soggetti detengano, gestiscano e commercializzino tutti i diritti oppure li blocchino contrattualmente per lunghi periodi di tempo. I broadcaster tendono a voler sfruttare direttamente tutti i diritti dei film che coproducono e il produttore fa il film e poi non tocca più palla, ridotto a mero esecutivo. Secondo noi indipendenti, questo tipo di politica impoverisce il sistema sia da un punto di vista editoriale che economico, perché il mercato sarà controllato da pochi editori. Questa verticalizzazione in Francia non esiste, perché il mercato è regolato con maggiore attenzione.

Nel nuovo Tusma è rimasta la vecchia definizione di produttore indipendente e questo tutto sommato non è un male. Difendo il concetto di produttore indipendente in quanto soggetto più fragile rispetto a media company/piattaforme e le loro filiali e, per questo, da tutelare. Nell’audiovisivo si muovono tanti soldi ma occorre riequilibrare la distribuzione di tale ricchezza molto sbilanciata a favore di pochi soggetti che assorbono le quote maggiori di risorse incluso il tax crediti. Se non c’è un problema di risorse va tutto bene, altrimenti occorre intervenire per evitare che i più danneggiati siano i più piccoli».

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