Sky e le altre: senza esclusione di colpi

Pubblichiamo l’editoriale del nuovo numero di Box Office (15 aprile 2016), del direttore Antonio Autieri, su un tema che fa molto discutere il settore.

L’indiscrezione circolava da mesi. Ora che è uscita sui quotidiani si può ragionare sull’ipotesi di un ingresso di Sky nella distribuzione cinematografica. Un progetto potenzialmente di grande impatto, che si baserebbe sull’alleanza con alcuni produttori: si fanno i nomi di Cattleya, IIF, Indiana, Palomar e Wildiside. Ci si può allarmare (le mani di Sky, che fa parte del colosso News Corp. che già controlla la major Fox, sul cinema italiano?) o vederne ottime opportunità. Certo la legittimità dell’operazione, che sfida Rai e soprattutto Mediaset sul loro campo – una tv che punta fortemente sulla produzione nazionale – è fuori discussione. Ed è evidente che la mossa fa parte di una più ampia battaglia sui contenuti che parte da lontano, dalle esclusive di Mediaset con Universal e Warner allo sbarco di Netflix e altri nuovi soggetti in Italia, con gli investimenti di Sky e Mediaset nelle proprie piattaforme on demand. Proprio mentre si prepara una nuova legge che vuol rafforzare la produzione, è sicuramente una mossa intelligente puntare su alcuni dei principali produttori italiani, che possono portare in dote sulle varie piattaforme una serie di importanti film italiani, ma anche quelle serie tv che tutti mettono in cantiere. Che sono anche più esportabili dei film italiani (ma si sta migliorando) e che Sky in questo modo può lavorare anche per gli altri territori dov’è presente ovvero Gran Bretagna e Germania. Ma per valutare l’operazione sarebbe necessario capirne di più. In assenza di comunicazioni ufficiali (e le bocche cucite sembrano tradursi in una conferma), facciamoci qualche domanda. Come si organizzerebbe il rapporto tra Sky e le cinque – se saranno tutte della partita – case di produzione? Si creerebbe un’unica società di distribuzione con pesi uguali o differenti? Sky ne avrebbe una quota di controllo? In questo caso, chi e con quali criteri deciderebbe su quali film dei vari soci puntare o privilegiare? Il listino sarebbe formato solo dai film di queste aziende? E queste, lavorerebbero in esclusiva o continuerebbero a fornire altre distribuzioni? Oppure, sul modello di Rai Cinema e 01, il broadcaster si limiterebbe a coprodurre i film assicurandosene la distribuzione e fissando le linee strategiche? Ma anche in questo caso, stringendo accordi di esclusiva o scegliendo – come i competitor – alcuni progetti interessanti ma lasciando spazio ad accordi con altri distributori? La mossa è soprattutto in funzione anti Mediaset, con cui dopo lo “sgarbo” sulla Champions League e ora l’avvicinamento di Cologno Monzese ai francesi di Vivendi sembra imminente uno scontro totale, o si può ipotizzare un’invasione anche nel campo “free” della Rai? Le indiscrezioni parlano di ragionamenti cordiali tra i vertici Sky e il direttore generale Campo Dall’Orto, ma con le potenzialità del canale in chiaro TV8 (tasto 8 del telecomando) nulla è da escludere. Quanto al theatrical, dove Sky è digiuna, se si vuole varare una nuova distribuzione occorre un management esperto e autorevole, per evitare passi falsi e instaurare in fretta rapporti fruttuosi con l’esercizio. Una cosa è certa. Tutto fa pensare a scenari in grande evoluzione. E a una lotta senza esclusione di colpi. Perché Vivendi, appunto, vuole un accordo con Mediaset e guarda anch’essa con interesse a importanti produttori e distributori italiani. E se Medusa per ora non sembra al centro delle strategie della famiglia Berlusconi, fondamentali saranno le scelte della Rai e di Campo Dall’Orto: le riflessioni sul futuro di Rai Cinema e 01 sono delicate, si rischia di disperdere un patrimonio sul cinema italiano di grandi risultati e rapporti con produttori e autori. Soprattutto, staremo a vedere se da tutto ciò ne uscirà un vantaggio per il mercato o solo un grande rimescolamento di rapporti di forza.

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Antonio Autieri

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