Sardo: «Noi autori non rappresentati dalla direttiva sul copyright»

“Un paradosso”. Così Stefano Sardo commenta l’assenza dell’associazione 100autori (della quale è presidente) dal Comitato consultivo permanente sul diritto d’autore che in questo momento si trova a discutere le modalità di applicazione in Italia della direttiva europea sul copyright. Gli autori di cinema, televisione, documentari, e prodotto audiovisivi in generale, insomma, non sono presenti al tavolo in cui si discute dei diritti di sfruttamento del loro lavoro. Tavolo al quale sono invece seduti i produttori. È l’ennesima prova, secondo i 100autori, di un sistema che non tutela il loro lavoro.

Così commenta Sardo a Box Office: «Immaginatevi Stephen King che non prende un dollaro dalle vendite di IT, o J. K. Rowling da Harry Potter: ecco, adesso avete presente quello che succede a noi autori di cinema e Tv in Italia. Per quanto assurdo possa sembrare, è proprio così che succede. Se passo un anno a scrivere un romanzo e quel romanzo va bene, io divento ricco grazie alla mia quota sul prezzo di copertina. Se passo un anno a scrivere una serie e poi quella ha successo, io non prendo un euro da quel successo. Questo è semplicemente insensato. Nelle industrie dei Paesi più importanti succede che gli autori sono co-intestatari degli utili generati dalle loro creazioni, di cui detengono una fetta. In Italia se scrivi o dirigi Gomorra difficilmente prendi qualcosa dalle vendite in 160 Paesi. O ancora: buone idee come Perfetti sconosciuti che hanno fruttato in Italia 18 milioni di euro al box office e 110 nel mondo, più 20 remake, di cui un paio campioni di incassi in Germania e Spagna, non hanno reso nulla ai 5 sceneggiatori e al regista».

La direttiva europea sul copyright correggerà questo scenario? «È proprio per correggere questo tipo di distorsioni – rese ancor più evidenti dall’ingresso nel mercato di queste grandi corporation straniere, che producono e distribuiscono al contempo, in tutto il mondo – che il parlamento europeo ha approvato la famosa direttiva copyright. La direttiva dice in buona sostanza che bisogna remunerare gli autori in base agli utili, ancorando cioè il successo dell’opera al suo autore: la piattaforma deve restituire agli autori una fetta di quanto maturato col suo sfruttamento. Il problema non sottile è che l’hanno chiamato direttiva “copyright”, mentre nella maggior parte dell’Europa vige il diritto d’autore. Se la direttiva va a remunerare non l’autore ma chi detiene i diritti (il copyright) dell’opera, rischiamo che alla fine i profitti arricchiscano solo i produttori, che fino a oggi hanno avuto in mano i diritti, facendo passare il concetto che l’idea sia solo di chi l’ha acquistata, e non di chi l’ha generata e sviluppata».

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