Samanta Antonnicola: l’articolato mondo della produzione

La responsabile produzione cinematografica di Rai Cinema, Samanta Antonnicola, offre uno spaccato del suo mondo e dipinge un accurato affresco della situazione in cui verte il cinema italiano. E per agevolare il ricambio generazionale e ristabilire un contatto con il grande pubblico ha diverse proposte…

Di seguito l’intervista a Samanta Antonnicola, Responsabile della produzione cinematografica di Rai Cinema, che è stata pubblicata su Box Office del 30 agosto-15 settembre 2023 (n. 10). Per leggere l’intera rivista clicca QUI, oppure scarica la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonati direttamente alla versione cartacea della rivista.

Se c’è una persona in Rai Cinema che sa soppesare la qualità e la production value di un film per il grande schermo, valutandone accuratamente pregi e difetti, questa è Samanta Antonnicola, responsabile produzione cinematografica della società guidata da Paolo Del Brocco. Una figura che vanta una lunga esperienza in questo campo, forte di una grande capacità di analisi e, soprattutto, di concretezza. Perché quando si deve avviare la produzione di un film è essenziale entrare in tutti gli aspetti dell’opera, siano essi qualitativi, editoriali o finanziari, senza poter lasciare nulla al caso.

Quali sono gli ingredienti che ritiene essenziali per dare il via a una nuova produzione cinematografica?
«Valutiamo la qualità di ciascun elemento del film. Dalla storia, che intercetti le esigenze del pubblico, piccolo o grande che sia, alla regia, dalla sceneggiatura al cast artistico e tecnico. Il confezionamento deve essere adeguato al racconto e la verifica del budget è sostanziale. Anche un low budget deve avere una production value congrua. Basilare è la figura del produttore indipendente che affianchiamo nello sviluppo produttivo ed editoriale del film attraverso un dialogo aperto e franco con gli autori. Rai Cinema interviene nei film entrando in coproduzione con quote molto diversificate e sempre minoritarie, o mediante il preacquisto dei soli diritti free. La solidità del produttore e del piano finanziario, spesso costruito con partner pubblici e privati, italiani e stranieri, è essenziale». 

Negli ultimi anni il cinema italiano ha incrementato la produzione di film di genere, tra alti e bassi. Quali sono ancora le criticità attorno a questi titoli e come migliorare?
«Alcuni autori come G. Mainetti, D. Carrisi, i Manetti Bros, A. Di Stefano si sono contraddistinti sia in sala sia all’estero. Altri sono stati meno fortunati. Forse perché il genere puro risponde a ricette puntuali. L’autorialità può muoversi dentro a parametri precisi che garantiscono l’intrattenimento di qualità necessario a tenere lo spettatore incollato allo schermo. Occorre un lavoro accurato di scrittura prima di andare sul set, con il genere non si improvvisa. Rivedere come i maestri del genere hanno creato le regole del gioco può essere utile». 

Margherita Buy durante le riprese del suo primo film da regista, intitolato “Volare”, che la vede anche nel cast

Quali sono oggi le voci che incidono maggiormente nel budget di un film e quali conseguenze ha lasciato la pandemia in questo ambito?
«I budget di produzione sono aumentati del 30% circa a causa di una maggiore produzione di serie e film stranieri sul nostro territorio dovuta all’esigenza crescente di contenuti. La piena occupazione del settore è positiva ma i film costano di più e il personale tecnico e artistico è difficile da reperire. Le piccole produzioni non riescono a tenere i costi al livello del periodo pre-pandemico, soprattutto in film a medio/basso budget,  e  il finanziamento di questi titoli diventa più difficile». 

Può presentarci le principali produzioni cinematografiche targate Rai Cinema in sviluppo?
«Recentemente sono terminate le riprese di numerosi film tra i quali The Return di Uberto Pasolini, Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, The Opera di David Livermore e Paolo Gep Cucco, Gloria! di Margherita Vicario, La vita accanto di Marco Tullio Giordana, Volare di Margherita Buy, US Palmese dei Manetti Bros. E stiamo lavorando, tra gli altri, ai nuovi progetti di Gabriele Muccino, Pietro Marcello, Francesca Comencini, Leonardo  Di Costanzo, Gianni  Amelio, Pupi Avati, Paolo Taviani, Maura Del Pero, Laura Samani, Andrea Segre, Paola Randi, Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis».

Come giudica lo stato di salute della produzione italiana, sia come qualità che alla luce dei risultati al box office dell’ultimo anno?
«La salute c’è indubitabilmente ma la performance può migliorare. A fronte dei buoni risultati di diversi film come La stranezza, Le otto montagne, Il colibrì, Dante, L’ombra di Caravaggio, Il signore delle formiche, Tre di troppo, L’ultima notte di Amore, Il sol dell’avvenire e Rapito, ve ne sono molti che faticano a imporsi in sala. Paradossalmente soffre maggiormente il prodotto medio rispetto a quello art house. E spesso la sala perde la competizione con il divano di casa».

Gran parte dei film italiani che escono in sala faticano a intercettare il pubblico. È un problema di sovraffollamento produttivo, di comunicazione, o di qualità artistica?
«È evidente che la quantità di titoli in sala è superiore alla domanda. Occorre diversificare il tipo di sfruttamento a seconda della tipologia di film. Il tema della qualità non si pone sui film meno riusciti, che sono sempre esistiti, ma su quei titoli che nonostante il valore artistico non raggiungono il risultato auspicato. La comunicazione  diventa cruciale.  Sostenere il film con un piano mirato e con i suoi talent attivi nella promozione contribuisce a incrementarne l’incasso. Rimane dirimente la scelta della storia. Storie identitarie ma di ampio respiro, che si rivolgano a un pubblico esteso, che emozionino facendo riflettere, sono quelle raccontate dai film che hanno raggiunto buoni risultati commerciali».

Come si potrebbe innescare un processo virtuoso di ricambio generazionale, accompagnando nella crescita i giovani talenti in un percorso di largo respiro?
«Scommettere sulle opere prime è fondamentale. Accogliere giovani autrici e autori, ma anche giovani realtà produttive, è strategico. Da questo bacino escono i nuovi talenti. Aiutarli a consolidarsi nella seconda o terza opera è generalmente la fase più delicata, ma rinsaldare la fiducia a chi si è distinto con un buon esordio è doveroso e va stimolata la crescita artistica anche orientando le scelte editoriali su progetti più ambiziosi del primo». 

Marco Tullio Giordana sul set del suo “La vita accanto”

Concorda con chi dice che il percorso festivaliero è sempre un passaggio fondamentale per alimentare l’attesa verso un nuovo titolo in sala?
«Il festival illumina il film, il passaggio diventa cassa di risonanza mediatica. La partecipazione a un festival di rilievo è un merito, una medaglia. A maggior ragione, in un periodo di affollamento produttivo dove anche i festival, nonostante si arricchiscano di nuove sezioni, faticano ad assorbire la grande quantità di titoli candidati, il fatto di venire selezionato è un innegabile plus». 

La stranezza ha dimostrato l’importanza di unire le forze sia a livello artistico, riunendo attori e comici famosi, sia a livello produttivo. Secondo lei ci sono le condizioni perché questo non resti un caso isolato?
«La stranezza è un film da case study e  dimostra che al servizio di una storia convivono felicemente talenti generalmente prestati a generi diversi. In molti tenteranno la stessa formula ma va tenuto presente che realizzare una “stranezza” sta nell’arte di far coesistere gli elementi nella grazia dell’equilibrio. Dal punto di vista produttivo l’unione ha fatto la forza e la farebbe nuovamente in altri progetti dove ciascuna parte porta valore. L’auspicio è che questa commistione sia d’ispirazione ad altri progetti».   

Quali sono le responsabilità produttive di una società pubblica come Rai Cinema?
«Rai Cinema ha diverse anime: servizio pubblico vuol dire promuovere la cultura nella pluralità e trasparenza ma anche essere competitivi sul mercato. I nostri film devono comporre un piano articolato che unisca giovani talenti, autori consolidati e grandi maestri con film che girino il mondo attraverso festival importanti e vendite internazionali, che si impongano al botteghino e su tutta la filiera con ricavi soddisfacenti. La selezione delle proposte è complicata. Ne riceviamo centinaia l’anno e le nostre risorse ci permettono di finanziarne, a vario titolo, meno del 10%. Il nostro lavoro, purtroppo, consiste anche nel rifiutare progetti, alle volte buoni». 

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