Pupi Avati lancia l’idea: «Serve un ministero per il cinema»

In un'intervista al Corriere della Sera, l'86enne regista sostiene che il cinema sia ad un passo dal baratro e che serva un ministero ad hoc per gestirlo
pupi avatiCr. Elisabetta A. Villa/Getty Images

Pupi Avati ha rilasciato un’intervista nella quale fa trasparire pessimismo per lo stato del cinema italiano. Al Corriere della Sera, l’86enne regista ha infatti dichiarato che secondo lui «siamo davvero ad un passo dal baratro, anzi ci siamo già dentro». Per Avati, neppure il più ricco produttore cinematografico italiano può dormire sonni tranquilli, perché «sta per finire tutto».

Inevitabilmente, il punto del discorso finisce per essere la discussa nuova legge sul tax credit che a marzo sarà al vaglio del Tar del Lazio: «Il governo non può permettersi il lusso di lasciar morire il cinema perché erroneamente lo considera una cosa fatta da gente di sinistra» ha detto Pupi Avati.  Per risolvere i problemi, lancia quindi l’idea: «Detto col massimo rispetto della presidente Giorgia Meloni e del ministro Alessandro Giuli, c’è bisogno di togliere competenze dal ministero della Cultura e creare un ministero ad hoc per il cinema, gli audiovisivi e la cultura digitale».

Non basta quindi il MiC, per Avati, perché il presente del cinema in tutte le sue forme è già così complesso da richiedere un trattamento specifico: «Non può esistere un ministero che contemporaneamente si occupi di Uffizi e di Netflix perché sono cose troppo diverse. Meritiamo un ministero!» ha dichiarato al Corriere. Il regista rincara la dose suggerendo un paragone che potrebbe tornare utile alla sua proposta: «Dobbiamo iniziare a guardare a quello che fanno per esempio in Francia, dove il Centre national du cinéma et de l’image animée sostiene l’economia cinematografica, audiovisiva e multimediale, promuove prodotti, tutela il patrimonio».

Non è sufficiente nemmeno il lavoro della DGCA e di Nicola Borrelli, per Pupi Avati: «Fa un ottimo lavoro e, nell’eventualità venisse accolta la proposta, sarebbe una risorsa. Ma abbiamo prodotto e sostenuto troppi film, tutti a budget altissimo, che spesso non ha visto nessuno. Col cambio del tax credit e questa fase di incertezza, in molti sono paralizzati da debiti e paura» dichiara. Il suo invito alla premier è quello di «non avere paura del cinema» e di lavorare con l’opposizione, per poi incoraggiare con i finanziamenti pubblici e il tax credit le produzioni a basso costo che possono dare soddisfazioni – come ad esempio Vermiglio e Il ragazzo dai pantaloni rosa.

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