Pirateria, 4 italiani su 10 vedono ancora film e serie in modo illecito

La nuova indagine di Fapav e Ipsos sul 2023 certifica un calo dei reati, ma il danno economico è ancora enorme: così sono andati in fumo 2 miliardi di euro per l'intera economia

L’entusiasmo relativo ai risultati del box office dell’ultimo weekend, segnato dallo straordinario ed epocale debutto di Inside Out 2, rischia di essere parzialmente rovinato dai risultati della nuova indagine di Fapav-Ipsos sul mondo della pirateria in Italia.

Secondo lo studio, infatti, 4 italiani su 10 guardano in modo illegale video, serie, film, fiction tv e sport live. In termini assoluti, si tratta comunque di un miglioramento rispetto al 2022 (-7,5%) che tuttavia non riguarda il settore sport live, i cui atti di pirateria sono cresciuti del +12% rispetto a tre anni fa. Resta però il fatto che in questo modo sono stati bruciati circa 2 miliardi di euro per l’intera economia.

Il danno economico potenziale per le industrie ammonta a circa 767 milioni di euro (+14% sul 2021) e di 285 milioni per il solo sport, mentre le perdite per il Pil sono state quantificate in 821 milioni di euro e una contrazione dei posti di lavoro pari a circa 12.000 unità. Mancano così anche 377 milioni di euro di introiti fiscali per le casse dello Stato e questo nonostante negli ultimi tempi il Governo sia intervenuto con una legge che permette di oscurare i siti illegali entro 30 minuti.

L’impatto della pirateria in Italia però è ancora consistente e il tema è al centro dell’indagine presentata oggi a Roma dalla Federazione per la Tutela delle Industria dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali. Da questa, è emerso che il 79% degli interpellati ha chiaro che questo tipo di azione rappresenta una pratica illecita e un reato, ma allo stesso tempo il 47% degli italiani (quasi uno su due quindi) non è consapevole della gravità del fenomeno.

Nonostante la recente legge e la campagna anti-pirateria, il 39% degli adulti ha ammesso di aver commesso nel 2023 almeno un atto di pirateria. In totale, sono stati stimati 319 milioni di atti contro i 345 milioni del 2022. Le Iptv illegali (sistema di trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche) rappresentano il 23% delle forme preferite da circa 12 milioni di italiani, seguite dallo streaming (18%) e il download (15%). La pirateria dei film pesa per il 30%, quella delle serie e delle fiction per il 22%, dei programmi per il 21% e quindi lo sport live per il 15%.

Per quanto riguarda l’utenza “pirata”, coerentemente con il passato è stato rilevato che sono più concentrati tra gli under 35 (39%), gli abitanti del Sud e delle Isole (40%), gli occupati (63%) e coloro che hanno un livello di istruzione più elevato rispetto alla popolazione italiana (22% tra i laureati).

«La ricerca presentata oggi da Nando Pagnoncelli e riferita al 2023, evidenzia come il fenomeno della pirateria nel nostro Paese sia in continua evoluzione, registrando un leggero calo degli atti e dell’incidenza – ha dichiarato Federico Bagnoli Rossi, presidente di FAPAV – Questo però non ci deve indurre all’errore: il comportamento illecito continua ad essere un problema concreto che colpisce le industrie audiovisive ma ha conseguenze gravi anche per l’intera economia italiana con una forte ripercussione sull’occupazione. La pirateria, infatti, sta rallentando il processo di sviluppo ed espansione dei nuovi modelli di business lanciati dall’industria audiovisiva negli ultimi anni e sta danneggiando anche tutto lo sport, non solo il calcio, in un momento in cui il movimento sportivo italiano sta raggiungendo risultati d’eccellenza in moltissime discipline. I numeri di Ipsos mostrano come la pirateria sia ancora oggi praticata da una fetta importante di popolazione, caratterizzata da individui consapevoli ma incuranti dei danni diretti e indiretti che ogni singola azione illegale provoca. Non si tratta di un problema solo economico o industriale ma assume sempre di più una connotazione sociale dove il singolo pirata entra a far parte di un sistema criminale, il cui unico obiettivo è il business»

Fonte: FAPAV/Ipsos

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