Pietro Sermonti: «La nuova legge sul cinema è una feroce vendetta ideologica»

Anche l'attore ha criticato la riforma del tax credit, partendo dalla contestata puntata di Porta a Porta sul tema
pietro sermontiCr. Antonio Masiello/Getty Images

L’ultima puntata di Porta a Porta ha sollevato un vespaio. Dopo le parole di ANICA, APA e CNA-Cinema, molti altri stanno criticando la derubricazione a lamentele la situazione legata alla nuova legge sul cinema e il tax credit: allarmi sono stati lanciati nel corso degli ultimi mesi da diverse associazioni e di nuovo dal palco di Venezia 81 da Nanni Moretti, che ha invitato a protestare duramente. Ha risposto presente alla “chiamata” Pietro Sermonti, attore e parte dell’associazione Unita.

«Chi fa cinema non è un pittore o un poeta che crea da solo in casa, servono i mezzi – ha detto in un’intervista a La Stampa – Il problema del tax credit è che viene mal raccontato come fosse un modo per dare soldi a chi già ce l’ha, invece è un problema economico bello grosso, una tragedia per migliaia di persone che fanno cinema e per le loro famiglie».

L’attore, noto per aver interpretato Stanis La Rochelle nella serie Boris e di recente protagonista anche di Gigolò per caso e della seconda stagione di Sono Lillo, punta il dito contro la puntata di Porta a Porta: «Raccontare che i soldi pubblici servono a comprare l’auto a un regista o le piscine agli attori non è solo falso, è volgare». La legge sul cinema andava riformata, ma «in questa nuova legge non c’è nulla di lucido, solo una feroce vendetta ideologica».

Come sottolineato di recente anche dal CEO di Minerva Pictures Gianluca Curti, anche per Pietro Sermonti la riforma del cinema «toglie la libertà a piccoli e medi produttori e la possibilità di far emergere voci nuove, sconosciute, selvagge». E ancora: «Si fa un gran parlare di chi saranno i nomi delle nuove commissioni. Sangiuliano fece una commissione di 14 uomini e una sola donna, non commento neanche, mi auguro che Giuli ne faccia una con almeno metà donne e metà uomini».

Il punto, per l’attore, è che «non si parla dei fondi che queste nuove eminenze gestiranno: 52 milioni. Con questi soldi si finanziano tipo 7 film, ma io da spettatore italiano ho bisogno di vedere l0opera prima che di una giovane regista sconosciuta di provincia che ha una visione, una storia e propone dei volti nuovi, e non può già avere dietro una distribuzione e una serie di altre cose». Tema toccato anche dalla regista Maura Delpero a Venezia, ritirando il Leone d’argento per Vermiglio e sottolineando che senza fondi pubblici quel film non sarebbe esistito – e ora, invece, ha trovato anche una distribuzione negli Stati Uniti.

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