Letta, riflettere sui contenuti alternativi

In una lettera pubblicata sabato dal Corriere della sera, Giampaolo Letta, vicepresidente e amministratore delegato di Medusa Film, risponde all’articolo di Laura Zangarini sul successo al cinema dell’evento sugli One Direction, Where We Are, e su come i contenuti alternativi (o complementari), stiano rivitalizzando il business delle sale. Di seguito la lettera di Giampaolo Letta: «L’articolo di Laura Zangarini pubblicato sul Corriere di lunedì 20 ottobre (“Concerti, opere liriche, documentari / Al cinema non si vedono più solo film”) suscita più di una riflessione e pensieri non tutti positivi. La programmazione differenziata dei cosiddetti contenuti complementari ha provocato incrementi consistenti di spettatori e di incassi rispetto ai numeri ottenuti nelle giornate corrispondenti occupate dai film dello specifico cinematografico. Giornate che, si sottolinea, sarebbero quelle individuate all’interno della settimana quando l’affluenza è più ridotta. In effetti, più che assistere ad un nuovo corso, pare di tornare indietro di una sessantina d’anni quando, con l’ancora scarsa diffusione dei televisori, le sale cinematografiche creavano il loro “evento” montando un apparecchio tv in bianco e nero davanti allo schermo per trasmettere Lascia o raddoppia? di Mike Bongiorno, alternativa catodica ai film, nata al sabato per essere spostata, non a caso, al giovedì. Oggi la programmazione altra assume contorni differenti e mediologicamente significativi in un panorama modificato in modo radicale: dove l’industria cinematografica, scomponendo i suoi segmenti di produzione, distribuzione ed esercizio, non viaggia necessariamente su un binario comune all’interno di un mercato nervoso e schizofrenico dove le regole, anche quando ci sono, vengono spesso disattese. Come è avvenuto nel caso di un altro fra i citati contenuti complementari, il film/concerto Where We Are con gli One Direction protagonisti. Se ne è magnificata la perfomance al botteghino ma andrebbe sottolineato come e quanto questo risultato sia stato frutto di un “colpo di mano” da parte delle sale che lo hanno diffuso non durante i giorni commercialmente più deboli della settimana, ma in pieno weekend, danneggiando non solo materialmente ma anche “filologicamente” lo specifico cinematografico, anche e soprattutto sul suo versante italiano. E con l’erosione di un pubblico altrimenti destinato a film di preciso riferimento generazionale. Non è certo questo il modo di risolvere una crisi del cinema reale o presunta, penalizzando o addirittura mortificando quegli sforzi creativi, produttivi e distributivi che ancora intendono sostenere al meglio le qualità del cinema italiano: almeno fino a quando la programmazione nelle sale lo consentirà nelle sue giornate elettive. O i produttori e gli autori, sempre molto sensibili alle minacce del mercato, non prenderanno una posizione più incisiva».

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