Justine Triet, Agnieszka Holland, Alice Diop, Julia Ducournau e possiamo metterci dentro anche la nostra Paola Cortellesi: al cinema europeo non mancano importanti nomi di registe e sceneggiatrici, ma la parità di genere è un traguardo ancora molto lontano da raggiungere, secondo quanto riportato da una nuova ricerca.
Ad analizzare la situazione è stato il think tank francese Lab Femmes de Cinéma, che ha recentemente diffuso uno studio dal titolo “Qualitative study on the place of female directors in Europe“. È emerso che nonostante i grandi exploit – come ad esempio quello della regista di Anatomia di una caduta proprio nel 2023 – al passo attuale ci vorranno altri 50 anni per raggiungere la parità di genere nel cinema europeo.
Lo studio ha considerato i progressi fatti dal 2017 in poi, ovvero da quando le accuse al produttore Harvey Weinstein hanno scatenato il movimento #MeToo e promosso una consapevolezza e attenzione diversa del mondo femminile nell’industria cinematografica non solo statunitense ma anche nel Vecchio Continente. In Europa, nota la ricerca, sono state implementate misure per combattere gli abusi nell’industria solo in 16 Paesi su 36, mentre appena 13 hanno intrapreso iniziative e fondi per promuovere la parità di genere e la diversità.
In linea con quanto emerso nei mesi scorsi relativamente alla quantità di film con protagoniste femminili prodotti nel 2023 (in calo nonostante il successo di Barbie), la percentuale di registe donne nel cinema europeo si attesta al 23% e non raggiungerà il 50% prima del 2080. Il Paese con la quota percentuale più alta è l’Islanda con il 37% di registe, mentre l’Italia è ben sotto la media europea con il 15% di quota di film diretti da donne. Risultati simili sono emersi in studi condotti anche in Germania, Regno Unito e Canada, rispettivamente distanti 15, 60 e 200 anni dalla parità di genere nel settore.
«Il soffitto di vetro per le donne registe esiste ancora nell’industria cinematografica europea – è il commento di Lise Perottet, coordinatrice generale del Lab Femmes de Cinéma – Lo studio ha rivelato che c’è ancora una certa riluttanza nell’implementare quote per un finanziamento di genere più equo nell’industria cinematografica. Solo la Spagna ha recentemente introdotto quote fisse. Austria, Norvegia e Regno Unito hanno seguito con le cosiddette quote morbide, che funzionano più come una raccomandazione».
C’è tuttavia qualcosa di positivo nel quadro che è emerso: «Il cambiamento più gratificante è vedere che alcuni centri cinematografici nazionali hanno iniziato a lavorare sui pregiudizi inconsci, sugli stereotipi che lasciano indietro le donne nel cinema e di cui non siamo consapevoli, nonché sul sostegno alla genitorialità che colpisce in modo sproporzionato le donne nel settore. Tuttavia, queste iniziative sono ancora rare e la maggior parte di esse sono state avviate solo di recente. A questo ritmo, l’uguaglianza nell’industria cinematografica è lontana decenni».
Fonte: Lab Femmes de Cinéma
© RIPRODUZIONE RISERVATAIn caso di citazione si prega di citare e linkare boxofficebiz.it