L’Anec non può stare ferma

Come riportato da e-duesse a dicembre, alcune sezioni regionali Anec hanno inviato una diffida al presidente Anec, Alberto Francesconi eletto a fine novembre, che – per i firmatari del provvedimento (tra cui Giorgio Ferrero, suo sfidante alla presidenza e da noi intervistato a gennaio) – non avrebbe i requisiti previsti dallo statuto dell’associazione per esercitare la carica. Sul tema, ci ha dichiarato Francesconi: «Non voglio far polemica nei confronti di nessuno perché non è mio costume. Quasi tutti gli statuti delle delegazioni regionali specificano che alla presidenza Anec possa andare un non iscritto all’associazione. Oggettivamente non sono un iscritto e ho avuto bisogno di una procura. Ricordo, però, che nel 2000 sono diventato presidente Anec e, pur non avendo sale in gestione diretta essendo affittate da Cecchi Gori e non avendo ancora aperto i miei multiplex, non ebbi bisogno di una procura. La diffida nei miei confronti penso sia frutto di una interpretazione dello statuto. Starà a chi dovrà poi interpretarlo stabilire se è corretta quella avanzata dai diffidanti o quella dei proponenti la mia candidatura. La questione per me si chiude qui».

Ma chi dovrebbe esprimersi?

In prima battuta dovrebbe essere il collegio dei probiviri dell’Anec, in seconda battuta il tribunale. Quella nei miei confronti è una diffida generica “a non fare”, che vuol dire bloccare l’associazione, a danno degli associati.

In questo momento siete operativi?

L’associazione non si può permettere di rimanere ferma. Stiamo operando nel verificare i decreti di attuazione della legge; studiamo le circolari che il Ministero sta mandando e stiamo collaborando con il Mibact per correggere eventuali distorsioni dei decreti stessi.

Quali sono per lei le emergenze principali dell’Anec?

A mio avviso il problema più urgente è quello che ricorre da molti anni. Dal 1998 siamo intorno ai 100 milioni di spettatori e da lì non ci muoviamo. Questo non va bene. Dal 2005, anno della vertenza spettacolo, il nostro settore chiedeva una legge di sistema, che finalmente è arrivata. Approfittiamone e cerchiamo di lavorare tutti insieme per fare in modo che in cinque anni le presenze possano salire fino a 140 milioni. Questo è l’obiettivo che dovrebbe essere condiviso da tutta la filiera.

Un obiettivo ambizioso, visti i numeri attuali.

Ma è quello che è successo in Francia da quando è entrata in vigore la legge cinema a fine anni 80. Erano scesi a 70 milioni di spettatori e oggi sono a oltre 200. L’auspicio è che possa accadere anche da noi. Ma bisogna fare una campagna forte di promozione del consumo di cinema in sala.

Quali potrebbero essere le forme più efficaci di promozione?

Mi piacerebbe un’iniziativa che abbia come testimonial persone di grande richiamo ma non del cinema. Personaggi pubblici del mondo della musica o dello spettacolo in generale. Sono necessarie campagne su tutti media per il consumo di cinema al cinema. Questo è l’impegno che dovrebbe vedere coinvolti produttori, distributori ed esercenti contando sul fatto che la legge mette a disposizione fondi per il settore che in tanti anni non avevamo mai visto. Se una parte di questi fondi venisse dedicata alla promozione, penso a 4,5 milioni all’anno per tre anni, potremmo ottenere grandi risultati. Bisogna sfruttare bene le risorse a disposizione.

Come imprenditore, si sta muovendo per riattivare i suoi cinema?

Quando sono nato nel 1946, la mia famiglia costruiva il primo cinema e ne ha realizzati cinquanta. Io ho costruito 23 schermi dal 1999 che poi ho affittato. Ora ho intenzione di riaprire il cinema Paris a Roma che è chiuso dal 2001, da quando Cecchi Gori me lo ha restituito. Lo voglio riaprire aumentando gli schermi, penso a 4 o 5 sale, in virtù degli incentivi della legge. Stiamo mettendo a punto il progetto e presenteremo la domanda per il 2018.

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