Inchiesta: dal moltiplicatore alla tenitura, le sfide delle distribuzioni cinematografiche

In un mercato sempre più imprevedibile sui risultati in sala, i direttori commerciali di alcune distribuzioni riflettono e si confrontano sull’efficacia della multiprogrammazione, l’evoluzione del moltiplicatore e l’importanza della cura di teniture e orari di programmazione

Prevedere l’andamento di un film in sala è un’operazione tutt’altro che facile. Sebbene il tracking delle campagne marketing offra una prima indicazione sull’interesse generale attorno a un titolo, la palla passa poi alle direzioni commerciali delle distribuzioni, chiamate a valutare il posizionamento e, soprattutto, il percorso in sala del film. Stabilire su quali cinema puntare, definire l’estensione di un’uscita, valutare l’effetto del passaparola e stimare il moltiplicatore durante il periodo scelto sono solo alcune delle sfide più complesse che richiedono strategie personalizzate e decisioni ponderate. Mettendo in conto che l’esito finale di un’opera in sala dipenderà comunque da una lunga serie di variabili, come la cura del prodotto da parte dell’esercizio, la forte competizione tra i distributori stessi e, non ultimo, le specificità strutturali del mercato italiano.

Per approfondire questi temi abbiamo intervistato i direttori commerciali di diverse distribuzioni cinematografiche che hanno messo a fuoco temi cruciali e sensibili, come l’efficacia del moltiplicatore, la loro visione attorno a tenitura e orari di programmazione, e il dialogo con l’esercizio.

Andrea Roselli (Warner)

IL REBUS DEL MOLTIPLICATORE

Se anni fa veniva considerato tendenzialmente un numero fisso rispetto al box office del primo weekend, oggi il moltiplicatore è diventato uno strumento predittivo più imprevedibile. Andrea Roselli, Director of the Theatrical Distribution di Warner Bros. Discovery, parte da un dato oggettivo: «Analizzando i primi 50 titoli del biennio appena concluso (2023-2024) e confrontandoli con il triennio pre-pandemico (2017-2019), il moltiplicatore medio è aumentato di quasi un punto, passando da 3,1 a 3,9», afferma. «Per i primi 10 titoli, l’incremento è stato ancora più marcato, passando da 3,3 a 4,4, mentre il moltiplicatore dei titoli al di fuori della Top 50 è cresciuto solo marginalmente, da 2,6 a 2,8. Nel biennio post-pandemico, invece, il box office di apertura ha registrato un calo medio di circa il 35% rispetto al triennio pre-pandemia. Con aperture più basse, i film necessitano di teniture più lunghe per esprimere appieno il loro potenziale commerciale: questo fenomeno è stato in parte facilitato dalla destagionalizzazione osservata negli ultimi anni. I mesi più caldi restano ancora parzialmente scoperti e potrebbero essere ulteriormente valorizzati con una programmazione più mirata».

Sottolinea l’aumento del moltiplicatore sul mercato interno anche Giuseppe Davalli, direttore commerciale theatrical di Eagle Pictures: «Dipende dal fatto che il mercato ha visto episodi di box office molto alti e con moltiplicatori sopra la media ma legati a pochi film, come C’è ancora domani, Barbie o Oppenheimer, e che in alcuni casi il pubblico scopre man mano il prodotto che cresce grazie al passaparola, come nel caso di Io Capitano e Il ragazzo dai pantaloni rosa che hanno avuto moltiplicatori altissimi. In generale i moltiplicatori possono essere ancora previsti sui film di genere, difficilmente sui titoli crossover o con tematica sociale. Un moltiplicatore molto alto è possibile non solo per i fenomeni come Diamanti, ma anche per titoli solidi, senza particolari picchi di box office, ma con una richiesta molto costante da parte del pubblico come Conclave, che ha superato i 5 milioni di euro con un primo weekend da 770mila euro».

Giuseppe Davalli (Eagle)

Se confrontato con quelli di altri Paesi europei, fa però notare Marco D’Andrea, direttore commerciale di Universal Pictures International Italy, il nostro moltiplicatore rimane comunque basso anche per motivi strutturali che comportano criticità di tenitura: «In Italia la struttura sale ha in media tre schermi a cinema, in Spagna la media è 7 a cinema. È evidente che un cinema con molti schermi ha una tenitura diversa da un cinema che ne ha pochi. D’estate naturalmente la tenitura è più alta, si abbassa nel periodo novembre-febbraio. Esistono le eccezioni come C’è ancora domani, che il primo weekend ha fatto 1,6 milioni di euro, il secondo 3,6 milioni e il terzo 4,5 milioni, chiudendo a oltre 36 milioni: un moltiplicatore di x22. Ricordo poi il caso di Holdovers: il primo giorno facemmo 37mila euro, il primo weekend 578mila euro e il film ha poi chiuso a 2,4 milioni di euro, perché il passaparola e la nomination agli Oscar hanno contribuito a fargli raggiungere un moltiplicatore di x4,2».

In casa Disney il moltiplicatore, sebbene dipenda da diversi fattori, è visto come uno strumento abbastanza affidabile. Ma attenzione a come si analizza, sottolinea Giulio Carcano, Director, Theatrical Distribution, Sales di TheWalt Disney Company Italia: «Per definire le proiezioni sugli incassi finali in intervalli piuttosto attendibili è fondamentale prima di tutto individuare titoli comparabili rispetto a quello che si sta esaminando. In condizioni simili e comparabili, i trend sono abbastanza coerenti, anche se vediamo fenomeni che escono da andamenti storici consolidati come Il ragazzo dai pantaloni rosa (che ha superato x10), C’è ancora domani (x22), o Io capitano. Ci sono poi fattori “di contorno”, come il meteo o il calendario, che influenzano soprattutto l’animazione: i film che escono sul weekend prima di Natale generano un moltiplicatore che oscilla tra x8 e x9, mentre quelli che escono a fine novembre sono intorno a x2,5. A parità di data l’animazione è a sua volta diversa dal family live-action, come Wonka, Mufasa: Il Re Leone, Pinocchio o Il Ritorno di Mary Poppins che invece, nel caso sempre di un’uscita su weekend prenatalizi, oscillano tra x4,5 e x5,5. I moltiplicatori dei film incentrati sui supereroi, invece, tendono mediamente a gravitare tra x1,8 e x2,5».

Per Francesco Ria, direttore commerciale cinema di 01 Distribution, «il moltiplicatore è uno strumento ancora molto attendibile a cui ci affidiamo quasi sempre, ma purtroppo non è possibile fare stime avvalendosi di questo sistema nel periodo natalizio né nel periodo estivo, dove i feriali sono paragonabili o addirittura superiori ai festivi. Sulla previsione degli incassi del weekend, invece, ci affidiamo solitamente al calcolo del cosiddetto x6 sull’incasso del venerdì, che fornisce un dato molto spesso attendibile».

Francesco Ria (01 Distribution)

Diversa è la visione di Benedetta Caponi, Head of Theatrical Sales di I Wonder Pictures: «Credo di non aver mai applicato nella mia esperienza un concetto di moltiplicatore esatto partendo dal primo weekend per stimare il box office finale di un film. Oggi i titoli fanno i conti con molte variabili, in primis il gran numero di uscite ogni settimana, o il fatto che alcuni titoli occupano più sale nella medesima struttura. The Substance ha espresso un moltiplicatore dal primo weekend di circa x4, La zona di interesse ha avuto un moltiplicatore x6, Everything Everywhere All At Once, dalla sua prima release ad ottobre 2022 al re-release post Oscar che lo ha visto in 400 sale, ha ottenuto un moltiplicatore x18,5. Le occasioni dell’amore ha un moltiplicatore x3,78, però con un primo weekend nei giorni di Natale: un risultato che ci rende felici per la tipologia di film e il mercato di riferimento di quel momento. Il dato che mi pare più chiaro da considerare, piuttosto, è l’incasso minimo da realizzare nel primo weekend se si vogliono raggiungere determinati obiettivi aziendali».

LA MULTIPROGRAMMAZIONE: UNA RISORSA “RISCHIOSA”

Il moltiplicatore è strettamente connesso alla tenitura e, quindi, alla multiprogrammazione, una pratica dalla quale oggi la maggior parte dei cinema non può più prescindere. L’importante però, dicono tutti i direttori commerciali, è stabilire un rapporto trasparente ed equilibrato con l’esercente sulle scelte di posizionamento. «La multiprogrammazione può e deve essere una metodologia win-win», spiega Giulio Carcano (Disney). «Se basata su un ragionamento condiviso, sulla trasparenza e su un accordo chiaro tra distributore ed esercente può portare benefici a entrambe le parti. Nel momento in cui, su un film specifico, si concorda una tipologia di programmazione modulata magari su un arco temporale più lungo, si può arrivare allo stesso risultato, o perfino superiore, rispetto a quello di una programmazione piena su un tempo più stretto, in particolare nelle monosale. Estranei, per esempio, è nella Top 10 dei migliori risultati proprio di alcune monosale con cui abbiamo definito e concordato un percorso in questo senso».

Giulio Carcano (Disney)

«Sulla multiprogrammazione Universal è in dialogo con gli esercenti», conferma Marco D’Andrea (Universal). «Un tempo una sala aveva un contratto di quattro settimane per un film, oggi è tutto diverso. La multiprogrammazione nei cinema che hanno poche sale è un aspetto vitale per la loro sopravvivenza. Con i multiplex che montano più film, si lavora non più sui giorni di programmazione ma sul numero degli spettacoli che performano, e quindi rimangono, o che non performano, e vengono quindi eliminati».

Secondo Giuseppe Davalli (Eagle), per comprendere vantaggi e limiti della multiprogrammazione va fatta una premessa sui dati: «Nel 2024 in Italia 263 film hanno avuto un’uscita sopra i 50 cinema: significa circa 5 nuovi film a settimana. Nel mercato italiano le strutture da 5 schermi in su sono circa 240, quelle da 8 schermi sono solo 125. Il giovedì vedo spesso programmazioni simili ad un “warm-up” di Formula 1: si programmano tutti o quasi i titoli, poi si aggiusta in corsa». Parlare di programmazione piena o doppia, afferma Davalli, «mi sembra fuori dal tempo: ogni film deve trovare possibilmente subito, oppure nel corso della sua vita in sala, uno spazio adeguato alla richiesta del pubblico in termini di capienze, numero di spettacoli e orari, un equilibrio che varia a seconda del film, del periodo, della zona e anche del cinema. La programmazione può essere ben superiore alla “programmazione piena” se la richiesta è molto alta, come nel caso di un blockbuster o di una grossa sorpresa al botteghino, oppure modulata su specifici orari che permettono al film di restare in sala a lungo, “protetto” da un buon risultato in quello slot dove si concentra il pubblico che vuole vederlo».

Lato Warner, spiega Andrea Roselli, è stata accolta e sostenuta con forza la multiprogrammazione nelle monosale: «Offrire film di diverse tipologie a orari diversificati rappresenta non solo un’opportunità per arricchire l’offerta, ma anche un mezzo efficace per attirare nuovo pubblico verso l’esperienza cinematografica». Tuttavia, in contesti con più di uno schermo, «riteniamo che la multiprogrammazione vada valutata con grande attenzione. È fondamentale che sia modulata in base a diversi fattori. Il rischio di una multiprogrammazione non strategica è che possa generare confusione per lo spettatore, trasformando la programmazione di una sala in qualcosa di simile al palinsesto di una piattaforma di streaming».

Per Benedetta Caponi (I Wonder) «deve essere parte portante di una strategia dell’esercente, un know-how carenato del sistema del cinema e una prassi consolidata con il pubblico che frequenta quella sala. Diversamente diventa uno strumento “di recupero” che riempie buchi nel palinsesto della sala e accontenta formalmente un’idea di proseguimento che invece indebolisce le potenzialità di incasso del film. Questo discorso vale tanto nelle sale tradizionali, quanto nei multiplex dove le abbinate dei film a target diversi possono consentire la valorizzazione, ad esempio, di un’animation nei pomeridiani e di un horror nei serali. The Substance nei festivi di novembre ha affrontato il mercato anche con questa tecnica di programmazione, dove era sensato e remunerativo impostarla sempre in accordo con il Responsabile della programmazione. L’accordo tra gli interlocutori è fondamentale. Ci sono film che invece, per loro natura, richiedono prevalentemente la programmazione piena: La zona d’interesse ha lavorato benissimo in tutti gli spettacoli e la multiprogrammazione è stata un’opzione residuale concordata con poche sale altamente specializzate».

Benedetta Caponi (I Wonder)

Anche Francesco Ria (01 Distribution) mette in guardia sui pericoli di una programmazione mista senza una precisa pianificazione: «Siamo favorevoli alla multiprogrammazione per le monosale e per quelle strutture che seguono criteri e orari di programmazione corretti e dedicati ad ogni tipologia di film. Purtroppo assistiamo ancora oggi alla pianificazione di “minestroni” che difficilmente si possono definire “multiprogrammazione”. Il danno è sia a carico del distributore che non vede la giusta valorizzazione dei suoi prodotti, sia dell’esercente che può vedere venir meno il rapporto di fiducia alla base del progetto di multiprogrammazione. Troviamo comunque giusto dare la possibilità di gestire un titolo all’esercente che conosce meglio di chiunque altro la propria clientela, con le giuste garanzie e nell’interesse dell’intera filiera».

L’apporto attivo dell’esercente è fondamentale anche per Emmanuelle Lucidi, responsabile commerciale di Lucky Red: «Ciò che conta è che l’esercente costruisca un pubblico fidelizzato,
abituandolo progressivamente a questa tipologia di offerta. È essenziale investire nella promozione costante e strategica, utilizzando criteri precisi nella programmazione degli spettacoli, in base al genere e alle caratteristiche del film. I risultati migliori li abbiamo osservati in quelle sale che, da anni, lavorano con successo su questa formula, ottenendo un pubblico sempre più coinvolto». Per Lucidi è cruciale «fornire in largo anticipo la certezza sulla data di uscita: quando l’esercizio ha il tempo necessario per lavorare su un titolo, la collaborazione tra distributore ed esercente diventa più efficace, portando benefici reciproci. I risultati ottenuti con il nostro ultimo listino ne sono una chiara dimostrazione».

ORARI DI PROGRAMMAZIONE E DIALOGO CON L’ESERCIZIO

Nel rapporto tra distributori ed esercenti resta un punto delicato anche la gestione degli orari di programmazione, che spesso genera frizioni. «Questo tema poggia sulla stessa esigenza di dialogo aperto con l’esercente e la reciproca fiducia», spiega Benedetta Caponi (I Wonder). «Può capitare che ci siano difformità tra quanto concordato e gli orari di programmazione indicati nei siti delle sale». Per I Wonder «gli orari sono così importanti che il controllo avviene metodicamente e, laddove ci siano discrepanze rispetto a quanto concordato, si contatta l’esercente, si riaprono le discussioni e si aggiusta il tiro. La mia politica è quella di avere sale corrette e orari performanti a seconda dei diversi film: se questo non è possibile, a volte la miglior scelta è quella di non programmare il film attendendo un tempo corretto, affinché le esigenze della sala e del commerciale trovino reciproca soddisfazione».

Per Marco D’Andrea (Universal) in generale «il distributore dovrebbe essere più clemente verso le monosale, dovrebbe fidarsi di più degli esercenti e lasciare loro spazio per fare quello che ritengono più necessario. Certo noi distributori possiamo dare un’indicazione, perché conosciamo il nostro prodotto e lanciandolo lo destiniamo a un certo tipo di pubblico, più serale o pomeridiano. Gli animation sono fortemente pomeridiani, nel primo serale vanno bene gli young adult e i film di azione, mentre i thriller sono decisamente più serali».

Marco D’Andrea (Universal)

La strategia allora, per Giuseppe Davalli (Eagle), è «cercare di contrattare con l’esercente il maggior numero di spettacoli con il posizionamento migliore per quel tipo di film. Ma molto spesso il venerdì mattina, guardando le partenze, ci si riparla». Soprattutto, sottolinea Davalli, «avremo meno discussioni inutili con gli esercenti quando Cinetel metterà a disposizione la risorsa degli incassi per spettacolo e i dati sulle occupancy: a quel punto potremo ragionare sui dati e non su quello che crediamo sia il miglior spettacolo».

Sulla gestione degli orari è impossibile prescindere, specifica Emmanuelle Lucidi (Lucky Red), dal cambiamento delle abitudini del pubblico dopo il Covid: «Molte sale hanno eliminato l’ultimo spettacolo serale concentrandosi sulle fasce orarie delle 20-21 e sono stati introdotti nuovi format, come le proiezioni mattutine o all’ora di pranzo. Questi cambiamenti hanno reso più complessa la programmazione da concordare tra distributore ed esercente, ma il dialogo continuo permette di trovare punti d’incontro. Per i film commerciali, dove la tenitura tende a essere più breve, risulta più semplice pianificare, anche se a volte il mercato ci sorprende. Per film di qualità come Vermiglio e Berlinguer – La grande ambizione il moltiplicatore finale è stato molto più alto del previsto».

Emmanuelle Lucidi (Lucky Red)

Anche 01 Distribution, afferma Francesco Ria, è felice di riscontrare «un incremento dei cinema che lavorano sulle matinée non solo relative alle proiezioni scolastiche, ma proponendo agli spettatori orari diversificati che contemplano anche la mattina. Confrontandoci quotidianamente con l’esercizio, ci rendiamo conto che stiamo lavorando tutti nella stessa direzione, ossia andare incontro il più possibile alle esigenze della clientela. Dopo la pandemia, il nostro principale obbiettivo è stato quello di riportare il pubblico in sala e se questo può avvenire nell’arco dell’intera giornata e non solo negli orari canonici ci sembra un’ottima cosa. Anche durante le festività natalizie ci siamo resi conto che gli spettacoli della fascia mattutina hanno riscontrato un forte interesse».

Tuttavia, spiega Giulio Carcano (Disney), «non credo che sugli orari si possa fare un’affermazione valida genericamente per tutto il mercato. Ci sono anche cinema che venerdì e sabato riempiono le sale dopo la mezzanotte, e in alcune situazioni si sono visti film d’animazione di successo registrare alle 22.30 di un giovedì più spettatori rispetto a film “adulti” nella stessa multisala. Oggi il pubblico sta cambiando, per cui si dovrebbe essere sempre più aperti a testare diverse opzioni, come possono essere le matinée. Bisogna avere il tempo di far comprendere al pubblico che ci sono possibilità diverse da quelle a cui si è storicamente abituati. Parto sempre dal presupposto che nessuno meglio di un esercente conosca il suo pubblico e la sua specifica realtà: il fondamento di un rapporto sano e proficuo è la creazione di una relazione di fiducia e collaborazione tra esercente e distributore».

Andrea Roselli (Warner) conclude riflettendo su come questi temi andrebbero inquadrati in un’azione organica che coinvolga non solo tutto il comparto, ma anche le istituzioni: «Oltre alla qualità del film e all’indispensabile passaparola, l’attuale contesto dell’esercizio cinematografico italiano, composto per oltre la metà da monosale, necessita di una modernizzazione e di un ampliamento, con interventi strutturali sostenuti dal Ministero. Prolungare la vita media di un film in sala è possibile anche correggendo alcune distorsioni storiche del nostro settore. Nel biennio appena trascorso, sono stati distribuiti in media 800 titoli all’anno, l’85% dei quali ha incassato meno di 500mila euro. Questa sovrapproduzione di film con scarso potenziale contribuisce alla congestione del mercato, specialmente se caratterizzato da un numero limitato di schermi per cinema».

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