Mentre l’industria di Hollywood è in allarme per la minaccia di nuovi dazi sulle produzioni girate all’estero, il Festival di Cannes preferisce non farsi travolgere dalla polemica. Nelle scorse settimane Donald Trump ha definito le cosiddette runaway productions — i film americani girati fuori dagli Stati Uniti — una “minaccia alla sicurezza nazionale”, annunciando l’intenzione di applicare tariffe fino al 100% sulle pellicole prodotte all’estero e importate nel mercato USA. Un piano che ha immediatamente fatto scattare le sirene nei principali studi hollywoodiani, molti dei quali girano regolarmente in Canada, Regno Unito e Australia, grazie ai vantaggi fiscali garantiti da questi paesi.
Tuttavia, dalla Croisette il clima è decisamente più sereno. Interpellato sulla questione nel giorno d’apertura del 78° Festival di Cannes, il direttore artistico Thierry Frémaux ha risposto con cautela, evitando allarmismi e sottolineando la capacità di adattamento dell’industria cinematografica: «Non posso rispondere alla tua domanda a questo punto» ha affermato a un giornalista che gli chiedeva quale impatto potrebbero avere i dazi americani sul cinema globale, sottolineando però come il presidente Trump si sia contraddetto più volte nel corso degli ultimi mesi..
Frémaux ha poi aggiunto: «L’idea che il cinema americano possa essere penalizzato da altri Paesi, penso sia un tema che vale la pena affrontare». E ancora: «Abbiamo notato una cosa nell’anno e nei mesi successivi al Covid: c’erano meno film americani in circolazione nel mondo; di conseguenza, la produzione locale — la produzione nazionale — ha avuto maggiore successo». Secondo il direttore del festival, «il cinema trova sempre un modo per esistere e reinventarsi». Infine, un auspicio: «Se devo dire una cosa, direi che qui al Festival di Cannes non vogliamo che il cinema americano smetta di essere forte, è questo ciò che conta davvero».
Le parole di Frémaux arrivano mentre da oltreoceano continua il dibattito sull’impatto concreto della proposta Trump. Lo stesso ex presidente ha recentemente cercato di smorzare i toni, dichiarando: «Non voglio danneggiare l’industria, voglio aiutarla. Incontreremo i rappresentanti del settore. Voglio essere sicuro che siano soddisfatti, perché il nostro obiettivo sono i posti di lavoro».
Ma tra gli studios la preoccupazione resta alta. Le major ma soprattutto i piccoli produttori indipendenti temono che l’introduzione dei dazi possa ridurre i margini, disincentivare le co-produzioni internazionali e ostacolare le strategie di investimento globali. Un colpo durissimo in un momento già segnato da scioperi, inflazione e incertezze sul futuro del box office. Per ora, Cannes osserva, ma senza farsi intimidire.
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Fonte: Deadline
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