Di seguito un estratto dell’articolo pubblicato su Box Office del 15 giugno (n. 11). Per leggere il testo integrale clicca QUI, oppure scarica la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonati direttamente alla versione cartacea della rivista.
Se fosse una sceneggiatura di Hollywood sarebbe una trappola perfetta: riaprire il mercato al prodotto estero un attimo prima della recrudescenza di una pandemia globale, per poi mandarlo a schiantarsi nei cinema vuoti ribadendo così la legittimità della propria autarchia. Succede in Cina, dove il sollievo per la riapertura del mercato ai blockbuster statunitensi, confermato dall’ottenimento di una data di uscita in sala di The Batman di Matt Reeves (18 marzo), ha presto lasciato il posto all’amarezza per i risultati raccolti dal film, che ha totalizzato in Cina 24,6 milioni di dollari (in Nord America ne ha raccolti 369 milioni). Il motivo dell’insuccesso è da attribuirsi, in prima battuta, a uno sfortunato tempismo: una settimana prima dell’uscita di The Batman – primo film di supereroi a trovare spazio nel Paese da oltre due anni ¬– la Cina è stata colpita dalla peggiore riacutizzazione dell’infezione da Covid-19 dall’inizio della pandemia, con il 47% dei cinema operativi, un’intera città da 25 milioni di abitanti (Shanghai) in lockdown, 28 province con focolai, il crollo delle borse e lo yuan sceso ai minimi storici sul dollaro.
Una contrazione dei risultati in sala che riguarda anche altri titoli americani usciti nel Paese nello stesso periodo: Uncharted di Ruben Fleischer con Tom Holland del 14 marzo (17,8 milioni), Moonfall di Roland Emmerich del 25 marzo (9,7 milioni di dollari), Animali fantastici: I segreti di Silente di David Yates dell’8 aprile (24,6 milioni) e Ambulance di Michael Bay del 22 aprile (2,2 milioni). Una beffa soprattutto alla luce dell’agognato ritorno in Cina dei prodotti americani, mortificati da uno stallo dovuto sia ai ritardi collegati alla pandemia, che al giro di vite imposto negli ultimi due anni dal governo cinese all’assegnazione delle date di uscita: nel 2021 (anno particolarmente importante per la propaganda, con il centesimo anniversario del Partito Comunista Cinese) erano stati distribuiti solo 21 film americani (sono escluse le co-produzioni), contro i 30 del 2020 e i 45 del 2019, con numerosi titoli potenzialmente lucrativi lasciati nel cassetto (Black Widow, Eternals, Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, , Space Jam: A New Legacy, Venom: La furia di Carnage e Spider-Man: No Way Home).

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Un rallentamento che ha inciso su uno scenario già gravemente compromesso dall’accordo commerciale con la Cina stretto nel 2012, per il quale non solo gli studios statunitensi hanno diritto ad appena il 25% dei ricavi delle vendite al botteghino per i loro film nel Paese (rispetto al 40-50% in altri mercati principali), ma non detengono nemmeno il controllo sulle date di uscita delle pellicole, saldamente nelle mani del governo di Pechino. Che da allora decide cosa e quando mandare in sala, spesso senza lasciare nemmeno il tempo di preparare un’adeguata campagna di lancio per i film (è il caso di Escape Room 2 – Gioco mortale di Adam Robitel, “in anti camera” per un anno e poi sbloccato a due settimane dalla data assegnata per la release cinese, lo scorso 2 aprile).
E tuttavia l’emergenza pandemica, che secondo Artisan Gateway produrrà per il 2022 un calo del 24% sul box office cinese, non è che un singolo aspetto di un problema più grande, complesso e strutturale. Le proiezioni dei guadagni di The Batman, infatti, ben prima del lockdown di Shanghai, segnalavano per il film un’apertura compresa tra i 25 milioni e i 30 milioni di dollari: un risultato di molto inferiore a quella dei blockbuster cinesi contemporanei, ma deludente anche rispetto alle performance medie dei supereroi di Hollywood “in trasferta” in Cina fino a quel momento. Justice League aprì con 52,1 milioni nel 2017, Aquaman debuttò con 94,2 milioni nel 2018 e The Dark Knight Rises di Christopher Nolan con 52,8 milioni nel 2012, quando la Cina aveva…
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