Continua a tenere banco la questione del tax credit a seguito della revisione delle norme stabilite dalla Legge di Bilancio. Diversi produttori hanno già lanciato l’allarme sulle regole poco chiare e il clima d’incertezza che sta già rallentando lo sviluppo di film e serie tv. Sul meccanismo e le sue criticità, ha detto la sua ora anche Gianluca Curti, Presidente e AD di Minerva Pictures e Presidente nazionale CNA cinema e audiovisivo.
«Giova ricordare che gli incentivi pubblici in deroga alla fiscalità generale, derivano dalla vecchia direttiva europea relativa tv senza frontiere e soprattutto alla eccezione culturale che, partita dalla Francia è stata recepita anche da noi. Da questo nasce il tax credit» ha voluto ricordare il produttore, nelle dichiarazioni che ci ha rilasciato. Poi, è andato al sodo della questione: «La legge Franceschini si basa su due punti fondamentali: a monte il tax credit, a valle gli obblighi di investimento e programmazione delle ott e dei broadcaster. Bene, questo secondo punto ad oggi non è ancora stato definito col suo regolamento attuativo e da lì nascono i molti problemi del sistema, soprattutto per quei produttori realmente indipendenti che hanno molta meno capacità di resistenza economica e finanziaria».
Certo di attirarsi gli strali del Ministero della Cultura, Curti sul tax credit ritiene che «le produzioni esecutive di film internazionali, assolutamente importanti per lo sviluppo e il mantenimento del lavoro per le nostre maestranze e per l’indotto, debbano essere spostato su altri ministeri». Il produttore fa i nomi del Mise e del Minor, per sottolineare che le produzioni esecutive sono materia d’industria e non di cultura.
Gianluca Curti lancia poi una proposta relativa al budget del tax credit del MiC, che a suo giudizio andrebbe diviso in tre categorie. Immaginando un totale a disposizione di 100, destinerebbe il 10% massimo alle aziende start-up, esaurito il quale direbbe stop a produzioni per nuove aziende nell’anno, ma «dopo 3 anni di produzioni effettuate gli start upper scalano nelle produzioni realmente indipendenti storiche». Il 50% totale del budget poi andrebbe destinato alle «aziende storiche e realmente indipendenti italiane di cinema, documentari, animazione, corti e serie. Con certezza del mantenimento dei diritti secondari e scadenza diritti primari massimo di 5 anni». Il restante 40% invece ad aziende «che singolarmente o come gruppo di aziende facciano ricavi oltre i 70 milioni di euro anno».
«Personalmente riporterei in vita anche il tetto annuo sia per opera che per azienda – aggiunge Curti – con numeri da stabilirsi velocemente. Ovviamente, come diciamo da anni, ogni comparto industriale che possa lavorare, investire e programmare ha bisogno di certezze e meccanismi automatici, per emanciparsi dalla burocrazia. In mancanza di tempi certi le piccole e medie aziende continueranno a essere in grande sofferenza. I grandi gruppi o grandi aziende evidentemente no».
Per il produttore vanno naturalmente salvaguardate le opere prime e seconde, quelle di ricerca e formazione, lavorando sul concetto di primario sfruttamento della sala da definirsi secondo nuove regole di mercato. Tuttavia, «trovo in prospettiva penalizzante per le piccole e medie aziende la possibilità di avere accesso al tax credit solo se in possesso di contratti precedenti con OTT o broadcaster. I grandi e più strutturati avranno certamente meno difficoltà a negoziare le vendite partendo da rapporti di forza diversi e diversamente consolidati».
In conclusione, Gianluca Curti di Minerva non trova pratico «l’obbligo di avere un contratto di distribuzione sala con una delle principali distribuzioni cinematografiche, immagino seguendo gli incassi del box office. Così si potrebbe impedire anche la crescita di nuovi soggetti».
© RIPRODUZIONE RISERVATAIn caso di citazione si prega di citare e linkare boxofficebiz.it