Di seguito un estratto dell’intervista a Federica Lucisano, vicepresidente dell’unione produttori Anica, pubblicata su Box Office del 15-30 aprile (n. 7-8). Per leggere il testo integrale, scaricare la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonarsi direttamente alla versione cartacea della rivista.
Nominata a dicembre vicepresidente dell’unione produttori Anica, Federica Lucisano (amministratore delegato di Italian International Film e di Lucisa- no Media Group) ha le idee chiare sulle priorità dell’agenda dell’unione e ritiene sia necessario «consolidare il sistema di supporti per tutti i comparti messi in atto dalla legge Franceschini, ma anche avviare semplificazioni. Centrale è poi la valorizzazione delle produzioni italiane – va studiata una nuova catena del valore – e la loro internazionalizzazione. Altro punto strategico dell’associazione è quello di aiutare le società di produzione a migliorare il proprio assetto industriale, a strutturarsi meglio e a consolidarsi».
Che tipologia di finestre theatrical auspica? Preferirebbe una legge o un gentlemen agreement?
Oggi c’è una grande confusione a questo proposito e si rischia che la percezione dello spettatore sul periodo che intercorre tra l’uscita in sala e sulle piattaforme possa danneggiare la finestra theatrical. Poi chiaramente possono esserci eccezioni, ma non può essere la norma. Servono regole uguali per tutti, sia per il prodotto italiano che per quello internazionale. Una differenziazione di normative porterebbe a un’ulteriore ghettizzazione del cinema italiano, che attualmente è il segmento più sofferente in sala con una quota di mercato intorno al 20% (nel 2010 era attorno al 35%). Non saprei dire quale sia il periodo temporale migliore per la window theatrical, se 60, 90 o 105 giorni. È, però, fondamentale un confronto aperto tra tutte le parti e che il Ministero prenda coscienza della necessità (e urgenza) di una legge che regolamenti questa materia, perché è la confusione che genera i danni maggiori.

Federica Lucisano sul set di C’era una volta il crimine insieme al regista Massimiliano Bruno (© courtesy of IIF)
A che punto è il dialogo tra le parti e con il Ministero per giungere a un punto concreto?
Trattandosi di un disegno di legge, la strada è lunga e farraginosa. Ma il Ministero ha garantito attenzione su questo tema e mi auguro che il dialogo tra le parti, aperto e vivace, continui in modo costruttivo nell’ottica di ricostruire insieme un mercato ancora in lenta risalita da una pandemia che ha accelerato violentemente processi già in atto. Prima dell’emergenza sanitaria era già evidente il divario tra il primo film del weekend, che poteva incassare qualche milione di euro, e il secondo titolo che magari registrava 500mila euro. Ora questo trend si è consolidato ulteriormente e il secondo film finisce per raccogliere solo le briciole. Oggi il film medio è la categoria di prodotto più in difficoltà. Eppure proprio i film medi, che vanno tutelati, compongono l’ossatura della nostra cinematografia e da questi nascono i grandi autori. Penso sempre a Gabriele Muccino: prima del successo de L’ultimo bacio ha realizzato due film che, pur faticando al box office, sono stati parte essenziale del suo percorso di crescita.
Nel 2021 sono usciti in sala 153 film italiani, di cui pochissimi hanno registrato incassi degni di nota. Come si può invertire questo trend?
Molti film vengono prodotti perché esiste la facilitazione del tax credit. In questo senso, andrebbero studiati dei correttivi alla legge per arginare queste storture, magari attraverso regole ben precise per limitarne l’accesso. Ad esempio, si potrebbero premiare con una percentuale di tax credit più alta quelle società che garantiscono una continuità nel flusso produttivo, disincentivando così la nascita di aziende fondate per realizzare un unico film e ricevere i contributi. Non è un caso che negli ultimi anni siano nate 250 società di produzione… Ma individuo un’altra criticità. Diversi film italiani faticano a emergere al box office in assenza di un adeguato supporto a livello di comunicazione. Per questo sarebbe importante incrementare il tax credit sul P&A, perché senza un opportuno lancio marketing difficilmente il pubblico verrà a conoscenza del film in uscita.

(© iStock)
Diversi produttori hanno spostato il proprio core business verso la serialità. Per un produttore italiano oggi è davvero ancora strategico il cinema?
Ogni core business dipende dalle strategie interne di ciascuna società e personalmente continuo a credere fermamente nell’esperienza cinematografica. Certo un potenziamento del tax credit sul P&A aiuterebbe a dare una scossa al settore. Per riportare il cinema al centro sarebbe poi importante che gli sfruttamenti successivi alla sala slegassero il valore di un’opera dalla performance al box office.
Ad oggi mancano all’appello circa 500 sale. Cosa significa rimettere il cinema al centro del sistema?
Innanzitutto significa supportarle adeguatamente, ringrazio il Ministero per l’ultimo decreto a sostegno delle sale e spero che continui a mettere al centro della sua agenda questa grave criticità. Anche perché oltre a essere centri culturali e sociali, i cinema sono il primo anello dell’industria cinematografica e della catena del valore. Ogni luce spenta è una ferita. Non si possono produrre oltre 400 lungometraggi all’anno e avere le sale chiuse. Purtroppo l’avvento della variante omicron, i timori per la pandemia, le restrizioni a ridosso di Natale e il divieto di consumazione all’interno delle sale hanno eroso il 30-35% dei ricavi complessivi negli ultimi mesi. E oggi, con l’aumento dell’energia elettrica, i conti non tornano. Nel 2020 i ristori all’esercizio hanno compensato le gravi perdite, mentre nel 2021 non erano adeguati alle esigenze del settore. Per questo ribadisco che la centralità della sala deve essere una preoccupazione di tutta la filiera e dello stesso Governo.
Ritiene siano necessari nuovi finanziamenti pubblici a favore di determinate categorie cinematografiche, oltre all’esercizio?
Credo che oggi l’emergenza principale continui a riguardare…».
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