Ecco il discorso del Papa ad artisti, registi e attori

Il Pontefice ha esaltato la figura dell'artista, invitandolo a uno sguardo non superficiale e portatore di bellezza. E ha esortato a non dimenticare i poveri

Papa Francesco ha ricevuto in udienza nella Cappella Sistina circa 200 artisti tra registi, attori, pittori, scultori, architetti, scrittori, poeti e musicisti in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani. E a loro ha proposto di proseguire il “rapporto naturale e speciale” tra Chiesa e mondo dell’arte. Di seguito alcuni estratti del discorso del Pontefice (clicca qui per leggere il testo integrale):

“Vi ringrazio per aver accolto il mio invito. La vostra presenza mi rallegra, perché la Chiesa ha sempre avuto un rapporto con gli artisti che si può definire nello stesso tempo naturale e speciale. Si tratta di un’amicizia naturale, perché l’artista prende sul serio la profondità inesauribile dell’esistenza, della vita e del mondo, anche nelle sue contraddizioni e nei suoi lati tragici. Questa profondità rischia di diventare invisibile allo sguardo di molti saperi specializzati, che rispondono a esigenze immediate, ma stentano a vedere la vita come realtà poliedrica. L’artista ricorda a tutti che la dimensione nella quale ci muoviamo, anche quando non ne siamo consapevoli, è quella dello Spirito. La vostra arte è come una vela che si riempie dello Spirito e fa andare avanti. L’amicizia della Chiesa con l’arte è dunque qualcosa di naturale. Ma è pure un’amicizia speciale, soprattutto se pensiamo a molti tratti di storia percorsi insieme, che appartengono al patrimonio di tutti, credenti o non credenti. Memori di questo aspettiamo nuovi frutti anche nel nostro tempo, in un clima di ascolto, di libertà e di rispetto. La gente ha bisogno di questi frutti, di frutti speciali.

[…] Sì, l’artista è un bambino – non deve suonare come un’offesa –; significa che si muove anzitutto nello spazio dell’invenzione, della novità, della creazione, del mettere al mondo qualcosa che così non si era mai visto. Facendo questo, smentisce l’idea che l’uomo sia un essere per la morte. L’uomo deve fare i conti con la sua mortalità, è vero, ma non è un essere per la morte, bensì per la vita. […] In ciò siete chiamati a sottrarvi al potere suggestionante di quella presunta bellezza artificiale e superficiale oggi diffusa e spesso complice dei meccanismi economici che generano disuguaglianze. Quella bellezza non attira, perché è una bellezza che nasce morta. Non c’è vita lì, non attira. […] Voi vi tenete distanti da questa bellezza, la vostra arte vuole agire come coscienza critica della società, togliendo il velo all’ovvietà. […] Vi sento alleati per tante cose che mi stanno a cuore, come la difesa della vita umana, la giustizia sociale, gli ultimi, la cura della casa comune, il sentirci tutti fratelli. Mi sta a cuore l’umanità dell’umanità, la dimensione umana dell’umanità. Perché è anche la grande passione di Dio. Una delle cose che avvicinano l’arte alla fede è il fatto di disturbare un po’. L’arte e la fede non possono lasciare le cose come stanno: le cambiano, le trasformano, le convertono, le muovono. L’arte non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie. Spesso voi artisti provate a sondare anche gli inferi della condizione umana, gli abissi, le parti oscure. Noi non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma c’è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell’umano, dell’individualismo e dell’indifferenza. Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva. […] L’arte tocca i sensi per animare lo spirito e fa questo attraverso la bellezza, che è il riflesso delle cose quando sono buone, giuste, vere. È il segno che qualcosa ha pienezza: è infatti allora che ci viene spontaneo dire: “Che bello!” La bellezza ci fa sentire che la vita è orientata alla pienezza. Nella vera bellezza si comincia così a provare la nostalgia di Dio. Molti sperano che l’arte torni maggiormente a frequentare la bellezza. Certo, come dicevo c’è anche una bellezza futile, una bellezza artificiale e superficiale, persino ingannatrice, quella del trucco. […] Cari amici, sono felice di questo incontro con voi. Prima di salutarvi, ho ancora una cosa da dirvi, che mi sta a cuore. Vorrei chiedervi di non dimenticarvi dei poveri, che sono i preferiti di Cristo, in tutti i modi in cui si è poveri oggi. Anche i poveri hanno bisogno dell’arte e della bellezza. Alcuni sperimentano forme durissime di privazione della vita; per questo, ne hanno più bisogno. Di solito non hanno voce per farsi sentire. Voi potete farvi interpreti del loro grido silenzioso.

Vi ringrazio e vi confermo la mia stima. Vi auguro che le vostre opere siano degne delle donne e degli uomini di questa terra, e rendano gloria a Dio, che è Padre di tutti, e che tutti cercano, anche attraverso l’arte. E infine vi chiedo, armonicamente, di pregare per me. Grazie.

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