Quando, tre anni fa, è stato affidato all’amministratore delegato Nicola Maccanico il compito di rilanciare Cinecittà e di riportarla al centro della competizione internazionale, le incognite superavano di gran lunga le certezze. Eppure, in questi anni, sotto la sua guida, gli studi di via Tuscolana hanno registrato una parabola in continua ascesa, grazie ai molteplici traguardi raggiunti sul campo e ai numerosi progetti già messi in cantiere. L’avveniristico Smart Stage è ormai a pieno regime, l’occupancy è costante al 70-80% e, l’anno scorso, è stato registrato un fatturato complessivo di 43 milioni di euro, dato particolarmente rilevante e addirittura superiore del 10% rispetto all’anno record del 2022. Ma Maccanico non è tipo da soffermarsi solo sui successi ottenuti, per quanto importanti, e mantiene lo sguardo rivolto anche al domani. È lo stesso manager, infatti, a confermare di essere nella direzione giusta per ottemperare al target del PNRR 2026, al fine di potenziare del 60% la capacità produttiva di Cinecittà. Sono già state assegnate 9 gare per 5 teatri nuovi e 4 da ristrutturare, il teatro 7 sarà terminato a breve, e assicura che nel 2026 assisteremo a una “nuova Cinecittà” forte di 25 teatri e sempre più competitiva.
In questi tre anni di mandato avete riportato Cinecittà ai fasti di un tempo. È soddisfatto dei risultati raggiunti?
«Sono molto orgoglioso di quanto siamo riusciti a costruire in questi anni. È stato con il grande lavoro di squadra di tutta la nostra azienda, che ha accettato una sfida molto complicata: cambiare il paradigma della Cinecittà industriale in un brevissimo lasso di tempo. Un lavoro che ha portato a registrare numeri sorprendenti. In tre anni, infatti, abbiamo raggiunto quasi 100 milioni di euro di fatturato (di cui 40 milioni solo con la costruzione di scenografie) e quest’anno celebriamo il secondo anno consecutivo in utile. Basti pensare che solo tra il 2022 e il 2023 sono venute a girare da noi oltre 120 produzioni audiovisive. Risultati che acquistano ancora più valenza se si pensa che sono stati raggiunti con i 20 teatri esistenti. Abbiamo poi rispettato il target del PNRR del 2020-2023 e siamo nella direzione giusta per ottemperare al target 2020-2026 attraverso la costruzione di 5 nuovi teatri e la ristrutturazione di altri 4 teatri. Stiamo gettando le basi per far sì che cresca del 60% la capacità produttiva di Cinecittà, come da programma, passando dai 18mila mq di oggi ai futuri 30mila mq e potendo contare su 25 teatri invece degli attuali 20».
Dopo il bilancio record del 2022, come si è chiuso il 2023?
«Abbiamo archiviato il 2023 con uno straordinario fatturato di 43 milioni di euro, superiore del 10% rispetto all’anno record del 2022. In ascesa anche l’Ebit con 1,6 milioni di euro, in linea con il nostro ambizioso piano industriale. Vorrei sottolineare anche il fatturato di 20 milioni di euro proveniente dalla costruzione di scenografie (l’anno precedente erano 19 milioni, mentre nel 2021 erano 2,5 milioni). Un parametro evidente della qualità delle produzioni che hanno scelto i nostri studi, perché più le produzioni sono grandi, più hanno esigenza di costruire ambiziose scenografie. E attorno a questi lavori consideriamo di aver fatto lavorare oltre 1.000 professionisti. Sono numeri importanti che dimostrano quanto Cinecittà sia ormai un polo competitivo, performante e generatore di opportunità di lavoro».
Qual è, ad oggi, il volume degli affari e la percentuale di occupazione dei teatri?
«La percentuale di occupazione è stabile attorno al 70-80%. Quota ideale per raggiungere le cifre che stiamo registrando e per poter accogliere eventuali produzioni anche all’ultimo minuto. Chiaramente, lo sciopero in Nord America ha avuto ripercussioni anche su di noi. Ma proprio per questo i dati del 2023 valgono ancora di più. La prima parte dell’anno, dove abbiamo ospitato la serie Sky di Joe Wright M, il serial sui gladiatori Those About to Die di Roland Emmerich con Anthony Hopkins e Queer di Luca Guadagnino con Daniel Craig, è stata incredibile ed ha compensato una seconda parte dell’anno inevitabilmente indebolita dallo sciopero, per il fermo delle produzioni internazionali. Abbiamo comunque cercato di compensare parzialmente con produzioni di dimensioni minori».
Come procedono la costruzione dei nuovi teatri e il rinnovo di quelli esistenti, realizzati con i fondi del PNRR? Che valore aggiunto porteranno agli studi?
«Siamo molto soddisfatti perché siamo in linea con i target europei e con la nostra ambizione di rispettare i tempi prestabiliti. Per questo, il 30 giugno 2023 è stata una data fondamentale per la crescita infrastrutturale di Cinecittà, quando abbiamo assegnato le 9 gare europee collegate ai 5 nuovi teatri e ai 4 da ristrutturare nei tempi predisposti dalla Commissione Europea. E ci siamo riusciti con il supporto fondamentale del MiC e del Ministro Sangiuliano in particolare, che tengo a ringraziare. In questo modo, abbiamo legittimato il nostro percorso e il diritto di ricevere fondi europei. Nel corso dell’anno sono poi stati attivati tre cantieri, mentre gli altri partiranno nei primi mesi dell’anno, ed il teatro 7 sarà addirittura terminato a breve. Siamo quindi perfettamente in corsa per rispettare tutti i target del 2026, quando Cinecittà, forte di 25 teatri, sarà ancora più competitiva a livello internazionale».
Quali sono le ragioni dietro la rinuncia ai terreni limitrofi di Cassa Depositi e Prestiti e quali le conseguenze sui fondi PNRR?
«La rinuncia ai terreni è stata condizionata dalla scelta di CDP di non conferire più i terreni stessi e dall’aumento contestuale dei prezzi a causa della guerra tra Russia e Ucraina. Due eventi che hanno fatto atterrare fuori perimetro i soldi del PNRR necessari per costruire gli 8 teatri aggiuntivi. Di conseguenza, ci è sembrato naturale chiedere alla Commissione Europea di eliminare il terreno dai target europei del PNRR. Ma anche se l’effetto è stato quello di rinunciare ai finanziamenti che ci sarebbero serviti per comprare il terreno, questo non significa che nel suo sviluppo futuro Cinecittà non possa considerare un’attività espansiva su Torre Spaccata. Questa opzione verrà valutata una volta cresciuti sui 40 ettari della Cinecittà esistente e, nel caso in cui sarà presa questa determinazione strategica, sarà finanziata da fondi privati. È poi opportuno segnalare che questa scelta non ha avuto nessun impatto sul nostro piano industriale, che è stato scritto senza considerare i terreni di Torre Spaccata».
Dopo l’intesa quinquennale con Fremantle, sono all’orizzonte nuovi accordi con player internazionali?
«Sì, siamo al lavoro per costruire nuovi ponti, visto che l’intesa con Fremantle ha dimostrato quanto gli accordi strategici favoriscano una migliore programmazione e una crescita sia dell’occupazione dei teatri che della qualità media delle produzioni che girano a Cinecittà. È in fase di finalizzazione un accordo di lungo termine con EndemolShine del gruppo Banijay che si svilupperà sui nostri 4 teatri Lumina. Stiamo inoltre siglando un accordo strategico attraverso il quale struttureremo e consolideremo la collaborazione commerciale con alcuni dei principali produttori esecutivi con cui lavoriamo costantemente ed a cui garantiremo condizioni privilegiate».
Ad aprile scade il suo primo mandato triennale alla guida di Cinecittà. Cosa pensa sia necessario immaginare per il futuro dell’azienda?
«Quanto fatto in questi anni a Cinecittà è stato un percorso importante, certificato dal successo ottenuto in breve tempo. Credo quindi sia opportuno insistere sullo sviluppo industriale degli studi, sulla crescita del rapporto con i clienti e sul fatto che una Cinecittà competitiva ed attrattiva per le produzioni internazionali sia anche un naturale promotore dell’Italia all’estero, catalizzatore di investimenti internazionali e generatore di lavoro per il nostro Paese. Bisogna consolidare questo posizionamento nella convinzione che un’infrastruttura come Cinecittà è un volano per tutta l’industria audiovisiva italiana».
Cinecittà è estremamente all’avanguardia in campo tecnologico, con attrezzature allo stato dell’arte e uniche a livello europeo. Quali sono le più apprezzate?
«L’investimento sulla tecnologia è una delle scelte strategiche che hanno determinato i risultati di questi anni. Mettere a disposizione del mondo produttivo il nostro Smart Stage di 412 mq di volume all’interno del teatro 18 ha trasmesso un chiaro messaggio: Cinecittà non è il luogo del passato, bensì del futuro. L’utilizzo di questa tecnologia all’avanguardia ha dimostrato non solo il suo valore simbolico, ma anche il suo valore commerciale. È stato inaugurato con le riprese del nuovo film di Angelina Jolie, Without Blood, a giugno 2022 e, ad oggi, è già stato utilizzato per oltre 300 giorni da molteplici autori e artisti come la Jolie stessa, Roland Emmerich, Joe Wright e Pietro Castellitto con il suo Enea. Proprio a rappresentazione di come la realtà virtuale sia uno strumento che si sposa perfettamente con grandi produzioni internazionali e con opere nazionali. Non dobbiamo mai dimenticare che l’evoluzione tecnologica estende il ventaglio di opportunità per il soggetto produttivo, a prescindere dalla sua disponibilità finanziaria».
L’intelligenza artificiale ha già iniziato a rivoluzionare diversi processi in campo audiovisivo. Qual è la sua opinione su questo tema così divisivo?
«In termini assoluti, andando ben oltre il perimetro dell’audiovisivo, l’intelligenza artificiale è un game changer. E lo è, innanzitutto, perché è a disposizione di tutti gli utenti. In essenza, credo sia una enorme opportunità che però va governata: rivoluzionerà infatti il modo di lavorare e avrà un impatto anche sulla tipologia dei lavori a disposizione nel mercato. Mi sembra invece sbagliato pensare all’AI semplicemente come un pericolo: non dobbiamo farci influenzare dalla sindrome di Terminator».
Come procede l’accordo con i 4 teatri di posa Lumina che amplia il vostro bacino di utenza?
«Poter contare sui quattro teatri Lumina è stato essenziale per assolvere alla crescente richiesta delle produzioni audiovisive che intendono lavorare con Cinecittà. Nel 2022 abbiamo chiuso in pareggio la gestione di questi teatri e nel 2023 abbiamo raggiunto un considerevole fatturato di 1,9 milioni di euro con un utile superiore al 20%. L’accordo che stiamo strutturando con Endemol confermerà il valore strategico dei teatri Lumina nel nostro portafoglio di offerta».
Quanto ha inciso lo sciopero di sceneggiatori e attori sul vostro calendario?
«Ha inciso. Non ci sono state interruzioni nelle produzioni in corso, ma non abbiamo registrato nuovi clienti a partire dal mese di luglio. E se non si nota dai numeri del 2023 lo si deve, come già sottolineato, agli incredibili risultati dei primi sette mesi dell’anno. Inutile dire che se questa situazione di stallo fosse proseguita, tutto il settore audiovisivo ne avrebbe ulteriormente risentito e anche Cinecittà avrebbe subito ripercussioni più forti. Fortunatamente, non è accaduto ed appena lo sciopero si è interrotto c’è stato un forte rimbalzo e i motori sono ripartiti subito a pieno regime».
The New York Times, El Pais e Le Monde sono solo alcune delle testate internazionali di rilievo che hanno dedicato approfondimenti a Cinecittà. Ultimamente c’è stata una crescente attenzione verso i vostri studi dai media esteri.
«Non nascondo che l’interesse di autorevoli media internazionali sia stato un enorme motivo di orgoglio e mi auguro che attraverso questi articoli sia risultato ancora più evidente come il significato di Cinecittà vada oltre quanto facciamo nel mercato audiovisivo. L’attenzione internazionale alle nostre vicende conferma come Cinecittà sia innanzitutto un simbolo creativo e un marchio italiano. Ed il fatto che nel 2023 i nostri studi possono ritrovare nella percezione internazionale quel ruolo da protagonista assoluto che avevano negli anni ‘60, è un messaggio positivo per tutto il Paese. Dà il senso di un’Italia che è stata grande e che può continuare ad esserlo».
Potete contare anche sulla presenza di innumerevoli maestranze e professionisti in ogni ambito cinematografico al servizio delle produzioni, a partire da quello scenografico, potremmo definirla una tradizione storica…
«Sì, è una tradizione che risiede nel DNA di Cinecittà. Al contrario dei principali studi mondiali, possiamo vantare un art department interno che completiamo con alcune collaborazioni esterne. È un elemento distintivo collegato agli oltre 80 anni della nostra azienda. Non si deve infatti dimenticare come Cinecittà sia un luogo vivo dove si tramandano cultura e competenza: credo sia quindi essenziale continuare a contare sui nostri artisti, sono parte integrante della nostra anima».
Quest’anno Cinecittà ha partecipato alla costruzione del presepe in piazza San Pietro in Vaticano. Com’è nata questa collaborazione?
«Siamo stati coinvolti in questo progetto da Enrico Bressan di Fondaco e da Giampaolo Letta, che tengo a ringraziare. È stata un’altra dimostrazione del fascino e dell’interesse intorno al nostro art department. Ed in questo momento storico, in cui abbiamo riconquistato la scena del mondo audiovisivo, poter partecipare alla costruzione del presepe per eccellenza – 800 anni dopo il primo presepe vivente di San Francesco a Greccio – e vedere il nostro lavoro sorgere al centro di piazza San Pietro è stata una straordinaria emozione e un meritato riconoscimento per le maestranze di Cinecittà».
Come ha convissuto la crescita industriale di Cinecittà con il suo ruolo istituzionale al servizio del MiC?
«Altro motivo di soddisfazione di questi anni è essere riusciti a tenere insieme questi due mondi, definendo correttamente i perimetri e senza perdere terreno nel nostro impegno istituzionale. L’Archivio Luce ha lavorato a pieno ritmo, valorizzando le proprie attività ed i propri contenuti unici, e la nostra attività documentaristica ha proseguito anche con opere di successo. Abbiamo poi continuato a promuovere il cinema classico con le nostre partnership internazionali (Academy, Moma, Lincoln Center) con restauri e retrospettive di valore conclamato come quelle su Claudia Cardinale, Dario Argento ed Ennio Morricone, ed il cinema contemporaneo in giro per il mondo attraverso storiche collaborazioni con i principali festival internazionali, impegnandoci nell’organizzazione diretta di festival ed eventi italiani e così celebrando un momento molto positivo della nostra industria audiovisiva. Inoltre, il supporto alla Direzione Generale Cinema e Audiovisivo è continuato in linea con il passato, in coerenza con la storia di servizio pubblico di Cinecittà».
Nel 2023 sono venuti a girare da voi grandissimi artisti del mondo cinematografico, sia italiano che internazionale. Vuole darci qualche anticipazione sul 2024?
«Nel mio lavoro c’è una frustrazione: non possiamo rendere noti in anticipo i progetti audiovisivi che verranno a girare a Cinecittà. Ed è legittimo che sia così, in quanto sono le produzioni che hanno l’onere e l’onore di annunciare i propri lavori nel momento che ritengono più opportuno. Posso dire, però, che ci aspettiamo un 2024 molto solido, nel quale lavoreremo a pieno ritmo. Ospiteremo molte opere importanti e siamo al lavoro per chiudere accordi per progetti Netflix, Disney, Paramount+, Amazon e con diversi produttori italiani. Insomma, nessuna anticipazione reale, ma avremo molte cose di cui parlare nel corso dell’anno».
Dall’alto del suo ruolo super partes, come vede il cinema italiano in questo momento storico?
«È evidente che il catastrofismo post-pandemico, che rappresentava un mondo in cui la sala aveva finito la sua corsa, è stato smentito nel 2023. C’è un tema relativo ai tipi di film che funzionano sul grande schermo, ma l’esperienza in sala è forte e viva. Per quanto riguarda il cinema italiano, il film di Paola Cortellesi – che, tengo a dire con orgoglio, è stato girato a Cinecittà – ha dato uno scossone alle Cassandre che raffiguravano un cinema italiano da rinchiudere nel perimetro delle piattaforme. C’è ancora domani ha mostrato la potenziale forza del nostro cinema, pur non rappresentandone la soluzione. Perché è evidente che, per funzionare, la nostra cinematografia deve uscire dai vecchi modelli: se infatti osserviamo i film di maggior successo dell’ultimo anno, abbiamo Le otto montagne, Io capitano, Comandante, L’ultima notte d’Amore e la Cortellesi. Sono film che solo 5 anni fa non sarebbero stati in cima alla classifica del nostro botteghino. Quindi è evidente che bisogna lavorare sul genere, sui prototipi e sulle idee che spiazzano e stimolano nel pubblico il desiderio di un’esperienza collettiva. Perché le opere catalogabili si possono vedere più semplicemente sul proprio divano di casa».
L’intervista è stata pubblicata sul numero di febbario 2024 si Box Office. Per leggere tutta la rivista, scarica QUI il PDF.
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