Ci siamo: PiperFilm è pronta a spiccare il volo. La neonata società di produzione e distribuzione ha fatto il suo decollo ufficiale il 24 ottobre con l’uscita nelle nostre sale del nuovo film di Paolo Sorrentino Parthenope. Da lì PiperFilm ha intenzione di continuare a volare ad alta quota nel panorama cinematografico nazionale e internazionale attraverso una filiera distributiva totalmente innovativa che vedrà la partnership con il Dipartimento Sales di Warner Bros. Entertainment Italia che curerà la distribuzione operativa nelle sale cinematografiche, e con Netflix che avrà invece la prima finestra post theatrical in esclusiva. Allo stesso tempo, Piper seguirà anche la distribuzione dei suoi film in tutti i mercati e festival internazionali. Ce ne parla il presidente e amministratore delegato Massimiliano Orfei, dettagliando il piano editoriale della società che prevede un listino di 12 titoli all’anno, tutti film di nazionalità italiana, oltre a presentare il team di lavoro e la sua schietta opinione sulla nuova riforma del tax credit.
Com’è nata la partnership distributiva con il Dipartimento Sales di Warner Bros. Discovery per i vostri film? Non capita spesso di assistere a un sodalizio del genere tra una società italiana e una major.
In realtà, si tratta di un modello già adottato nel nostro mercato, penso per esempio a quello inaugurato da Vision con il service Universal. Nulla di particolarmente nuovo da questo punto di vista, quindi. Anche qui, il fatto che una major come Warner abbia creduto nel nostro progetto ne testimonia la forza e la solidità. Più in generale, è il chiaro segnale di quanto il cinema italiano sia considerato un asset fondamentale per il box office nazionale. Sono convinto che partnership di questo tipo sono in grado di sviluppare un enorme valore per tutte le parti coinvolte. Dal punto di vista di Piper, si tratta di un modello che consente di posizionarsi da subito sul mercato con una forza commerciale straordinaria, in linea con gli obiettivi molto ambiziosi che ci siamo dati, e di concentrare prevalentemente il nostro fuoco operativo sulla comunicazione e sul marketing.
In ultima analisi, come descriverebbe il modello di business di PiperFilm? Qual è il suo punto di forza e come si discosta dalle altre realtà italiane?
Il modello è quello di una distribuzione in grado di presidiare tutti i canali della filiera commerciale cinematografica, a partire dalla sala, passando per le piattaforme e arrivando alle vendite internazionali, senza trascurare nessuna finestra distributiva e con un pari livello di specializzazione, penetrazione e capacità operativa. Distribuzione totale e integrata, in poche parole. I film devono ricercare la propria massima valorizzazione economica, soprattutto in un momento complesso come quello che stiamo vivendo, e questo è possibile solo se la mente distributiva è unica per tutti i possibili sbocchi. Non è più sufficiente accontentarsi dell’eccellenza sul mercato theatrical, ma è necessario che il distributore sia in grado, sin dalla fase di sviluppo del progetto produttivo, di definire, pianificare, coordinare e attuare con approccio sistematico i piani e le linee strategiche e operative della commercializzazione del prodotto, rispetto a ogni mercato e finestra distributiva. La capacità di presidiare in modo integrato, e al massimo livello, le diverse competenze distributive, consente di fornire a talenti e produttori un contributo decisivo, già in fase di scrittura, anche in termini editoriali e di precisa identificazione dei target di pubblico e di vendita. Questa filosofia distributiva, unitamente al fatto che Piper è un soggetto indipendente non legato ad una televisione o a una piattaforma in termini proprietari, come invece accade per gli altri grandi distributori di cinema italiano, rappresenta a mio avviso il nostro punto di forza e la novità che portiamo sul mercato.
Avete una linea editoriale precisa?
Il nostro focus è sul cinema italiano. Tutto parte dal principio che il progetto produttivo deve avere un chiaro posizionamento sul mercato della sala cinematografica, unitamente a una coerenza dei costi rispetto al suo potenziale commerciale e di pubblico. Se questi fattori sussistono, il progetto deve poi essere in grado di soddisfare, nella misura massima possibile, sia gli obiettivi di resa theatrical, sia gli obiettivi di risultato sulle piattaforme e in televisione. E questo è l’aspetto più difficile da governare, perché, a differenza che nel passato, oggi non necessariamente un prodotto che funziona in sala ha la stessa capacità di funzionare fuori dalla sala, e viceversa. E questo è un problema perché l’equilibrio economico delle produzioni ha bisogno sia dei ritorni economici dal theatrical, sia degli investimenti di piattaforme e televisioni. È sulla capacità di risolvere questa equazione editoriale che si gioca il successo o l’insuccesso. Ed è proprio questa la nostra sfida più grande. Da un punto di vista squisitamente editoriale, non esiste una regola o una formula vincente, il nostro lavoro è necessariamente, e da sempre, esposto a una fortissima alea e nessuno ha in tasca formule magiche. Dobbiamo avere la capacità di uscire dalla gabbia delle tradizionali categorie editoriali, puntare sulla qualità e sull’eccellenza a ogni livello, scommettere sulla originalità e potenza emotiva delle storie che raccontiamo, senza paura di osare, cercando di sorprendere e anche di spiazzare il pubblico. Ciò detto, particolare attenzione sarà data da Piper alla ricostruzione di un rapporto forte, che purtroppo si è perduto negli ultimi anni, tra il pubblico della sala cinematografica e la nostra commedia, puntando sui campioni ma anche cercando di scommettere su nuovi volti e nuovi talenti. Non mancheranno poi nel nostro listino i grandi maestri del cinema italiano e le proposte con ambizioni anche internazionali.
Cosa intende quando afferma di voler lavorare “nel segno della competizione collaborativa”?
L’ecosistema in cui operiamo è per sua natura competitivo. La produzione di cinema italiano è per lo più alimentata da distributori verticalmente integrati con piattaforme e broadcaster, che li sostengono finanziariamente. La competizione, sia in termini di approvvigionamento del prodotto che in termini di posizionamento sugli spazi theatrical, è in ultima analisi, quindi, competizione tra televisioni e piattaforme. Tuttavia, esistono alcune aree in cui è possibile immaginare e attuare percorsi di collaborazione mirati tra distributori che, nel rispetto delle logiche concorrenziali, possano produrre valore per tutte le parti coinvolte e per il sistema nel suo complesso. Mi riferisco, per esempio, alla possibilità di realizzare partnership produttive con messa a fattor comune dei rispettivi accordi commerciali di licenza diritti post theatrical pay/svod/free, con definizione di finestre di sfruttamento in co-esclusiva o con esclusive opportunamente alternate, unitamente a modelli co-distributivi in grado di mettere in condivisione le attività di marketing e di sostenimento dei relativi costi. Si tratta di schemi che, opportunamente dosati, consentirebbero di realizzare più agevolmente operazioni produttive più grandi e ambiziose, anche di livello internazionale, riducendo il livello di rischio e portando sul mercato un numero maggiore di prodotti locali ad alto potenziale.
Qual è la ratio dietro l’operazione finanziaria che ha portato Be Water a entrare in società con voi con una quota del 12%?
Piper nasce su impulso di alcuni manager del settore che hanno deciso di scommettere sulle proprie competenze e sulla propria reputazione. Il gruppo Be Water è stato il primo a credere e sposare questo progetto e la sua visione industriale. La ratio è molto semplice ed è quella di un investimento minoritario nel capitale. Con Guido Brera condividiamo gli stessi valori umani e imprenditoriali e siamo veramente felici che ci accompagni nel nostro viaggio. Ogni ulteriore sviluppo è possibile e sarà valutato strada facendo.
Com’è strutturato il vostro team di lavoro? Mancano ancora figure chiave?
La squadra manageriale è al completo. Il sottoscritto riveste il ruolo di Presidente e Amministratore Delegato. Davide Novelli è il direttore della distribuzione e a lui faranno capo tutte le attività distributive ed editoriali dell’azienda. A Davide risponderanno Emanuela Semeraro, che ha assunto la direzione del marketing e della comunicazione, e Catia Rossi, che assume la direzione delle vendite internazionali. La macchina operativa è affidata a Luisa Borella, che assume il ruolo di direttore generale.
Tra i prossimi film targati PiperFilm prossimamente in sala figurano i film di Guido Chiesa, Fausto Brizzi, Giulia Steigerwalt, Umberto Contarello e Gabriele Mainetti. Ci può dire qualcosa in più su questi progetti e quando vedranno la luce al cinema?
I film che hai citato, anticipati a Riccione, seguono la linea editoriale appena descritta: il rilancio della commedia in tutte le sue forme, da quella comica nelle festività natalizie di Dove Osano le Cicogne, rivolta a un pubblico di famiglie, che punta al lancio di un grande talento comico come Pintus sul grande schermo, a quella più sofisticata o romantica, come 30 Notti con la mia Ex, con Edoardo Leo e Micaela Ramazzotti; e poi il focus su storie originali, come Diva Futura, che racconta la nascita dell’industria del porno attraverso il racconto di Riccardo Schicchi e la sua agenzia Diva Futura o il nuovo film di Gabriele Mainetti che anche stavolta ci sorprenderà con una storia d’amore e di arti marziali. L’infinito è una scommessa che abbiamo fatto insieme a Numero 10, la nuova casa di produzione di Paolo Sorrentino, e siamo sicuri che soddisferà i palati più fini.
Può anticiparci qualche altra produzione che si è aggiunta al vostro listino?
Ne parleremo a Sorrento.
Con quanti titoli prevedete di uscire sul grande schermo durante l’anno?
Il nostro piano prevede un listino di 12 titoli all’anno, tutti film di nazionalità italiana.
Che tipo di valore aggiunto porterà l’accordo siglato con Netflix per la prima finestra post-theatrical dei vostri titoli?
Netflix in questo momento è la piattaforma streaming di maggiore successo al mondo e noi siamo veramente felici di averli come partner di riferimento sulla prima finestra di sfruttamento successiva alla sala dei nostri film. Per noi è una partnership fondamentale, insieme a quella con il mondo Warner Discovery. Il lavoro e gli investimenti che Netflix sta facendo in Italia sono incredibili e testimoniano quanto il nostro Paese sia considerato strategico per il cinema e l’audiovisivo in generale. Siamo sicuri che questa collaborazione strutturata sul prodotto theatrical italiano porterà enormi benefici a tutto il mercato.
Entriamo nel vivo delle questioni più scottanti del mercato. Qual è il suo giudizio sulla nuova riforma del tax credit? Quali le virtù e le criticità?
Il discorso è molto complesso e articolato. Cercherò di essere franco e sintetico. Erano e sono pienamente condivisibili gli obiettivi che la riforma si poneva, quelli cioè di razionalizzare una crescita impetuosa e a tratti disordinata dell’industria cinematografica nazionale. Le soluzioni adottate, a mio avviso, rischiano tuttavia di andare molto oltre le intenzioni. La stretta appare eccessiva e potrebbe concretamente determinare, in via di fatto, una contrazione immediata e di lungo periodo del valore industriale del settore. L’obiettivo era quello, senz’altro necessario, di frenare la proliferazione di operazioni produttive prive di una reale sostanza produttiva e volte esclusivamente o prevalentemente a drenare gli incentivi fiscali. Il nuovo assetto normativo appare idoneo a raggiungere questo obiettivo ma i “paletti” che sono stati introdotti rischiano di incidere negativamente anche su una quota consistente di operazioni invece sane. Si assisterà a una forte contrazione, se non al crollo, delle produzioni internazionali realizzate sul territorio nazionale grazie al tax credit esterno. La produzione audiovisiva nazionale, quella realizzata su commissione di televisioni e piattaforme, a cui peraltro viene destinata la parte principale delle risorse del tax credit, non viene sostanzialmente intaccata – ed è un bene – mentre la stretta produrrà i suoi effetti di contrazione più duri sulla produzione cinematografica destinata al prioritario sfruttamento nelle sale. La riduzione dei contributi automatici fondati sui risultati a favore di quelli selettivi decisi da commissioni
ministeriali, mi sembra un ritorno a un passato che non ha dimostrato di essere particolarmente virtuoso ed è una misura a mio avviso sbagliata. I requisiti di uscita in termini di sale e spettacoli appaiono non realistici e renderanno molto difficile, se non impossibile, la distribuzione di opere meritevoli ma commercialmente difficili. Sono molti gli aspetti tecnici che appaiono inadeguati e non è qui possibile citarli tutti, ma l’impressione generale è che abbiano prevalso alcuni pregiudizi ideologici sul nostro settore, non del tutto ingiustificati, sia chiaro. Ora è essenziale che i decreti direttoriali introducano i correttivi necessari.
Per molti si preannunciano tempi duri per il mondo produttivo e con maglie molto più strette. Quali sono le trasformazioni a cui assisteremo sicuramente in futuro all’interno del settore?
In generale, proseguirà e prenderà terra il processo di razionalizzazione e aggregazione a livello globale dei grandi gruppi media e questo produrrà inevitabilmente effetti diretti e indiretti, di notevole rilievo, anche a livello della nostra industria e della nostra filiera. Il mondo della produzione locale attraverserà un periodo molto complesso e assisteremo a una ulteriore forte riduzione sia dei soggetti in grado di competere da indipendenti, sia del volume di prodotto immesso sul mercato.
Se potesse cambiare qualcosa nell’industria cinematografica con uno schiocco di dita, cosa farebbe?
Farei scomparire il clima di sfiducia e i tanti pregiudizi che circondano il cinema italiano.
Più volte lei si è detto convinto che la nostra industria abbia potenzialità enormi. Cosa la rende così ottimista sul presente e, di conseguenza, sul futuro?
Lo spettacolo cinematografico in sala è un bisogno essenziale e ineliminabile, ha attraversato nel corso della Storia crisi che sembravano mortali ma è sempre qui, a differenza di molte tecnologie che sembravano dover dominare il futuro e invece sono scomparse. Oggi, ad andare in sala sono soprattutto i giovani e questo è il più grande segnale di ottimismo per il nostro mercato.
In caso di citazione si prega di citare e linkare boxofficebiz.it