Cover Story – Luigi Lonigro: «È ora di cambiare musica»

Il direttore di 01 Distribution e presidente unione editori e distributori Anica auspica un cambio di passo radicale nell'industria cinematografica italiana

Di seguito un estratto della cover story dedicata a Luigi Lonigro (direttore di 01 Distribution e presidente unione editori e distributori Anica) pubblicata su Box Office del 30 settembre-15 ottobre (n. 16-17). Per leggere il testo integrale clicca QUI, oppure scarica la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonati direttamente alla versione cartacea della rivista.

Non possiamo che essere profondamente orgogliosi di quello che abbiamo costruito in questi primi 20 anni di attività, dei risultati conseguiti e della quota di mercato che 01 Distribution ha saputo conquistare». Esordisce così Luigi Lonigro, direttore di 01 Distribution e presidente unione editori e distributori cinematografici Anica, nel ricordare con orgoglio i 20 anni dalla fondazione della società di distribuzione. «Da anni siamo, a livello europeo, l’unica società di distribuzione non facente capo a studios stabilmente nelle prime quattro posizioni del box office. Il consolidamento dell’industria cinematografica e la crescita del mercato sono da sempre stati al primo posto fra i nostri obiettivi. Nel tempo, abbiamo cercato di rispettare le linee guida che ci eravamo imposti, partendo dalla correttezza comportamentale nei confronti dei nostri competitors, da un rapporto franco e disponibile instaurato con l’esercizio, dal rispetto per ogni titolo da noi distribuito e per i produttori e gli autori».

Diabolik – Ginko all’attacco (© courtesy of 01 Distribution)

Il bilancio, quindi, è stato positivo.
Assolutamente sì, perché nulla era scontato. Con oltre 450 titoli distribuiti fino ad oggi abbiamo apportato nuova energia al nostro mercato, contribuendo in modo determinante alla crescita della quota del cinema nazionale. Siamo diventati la casa del grande cinema italiano e siamo onorati di aver saputo conquistare la fiducia di grandi maestri come Marco Bellocchio, Gianni Amelio, Nanni Moretti, Matteo Garrone e tanti altri, di cui abbiamo distribuito fino ad oggi l’intera filmografia. Nel contempo ci siamo dedicati anima e corpo alla scoperta di nuovi talenti, accompagnandoli dal loro esordio alla loro affermazione, arricchendo la nostra industria di nuova linfa creativa. La nostra offerta è stata poi completata dal cinema internazionale e, sin dai primi anni, abbiamo avuto la fortuna di poter distribuire autori del calibro di Roman Polanski, Martin Scorsese e Clint Eastwood e, grazie alla collaborazione con la Leone Film Group, titoli internazionali di grande incasso e autori come Steven Spielberg, Quentin Tarantino e Damien Chazelle.

Quali sono i titoli più attesi che distribuirete in sala nei prossimi mesi?
Dopo un biennio molto complicato i cui risultati non possono fare testo, siamo pronti a dare il nostro importante contributo alla prossima stagione cinematografica con uno dei listini più poderosi di sempre. Dopo i film veneziani usciti nel mese di settembre, a ottobre presenteremo la divertentissima commedia Quasi orfano di Umberto Carteni, remake del campione di incassi francese La ch’tite famille, con Riccardo Scamarcio e Vittoria Puccini, Il colibrì di Francesca Archibugi con Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak e Nanni Moretti, tratto dal romanzo Premio Strega di Sandro Veronesi a cui seguirà il meraviglioso documentario presentato a Venezia Sergio Leone – L’Italiano che inventò l’America. Chiuderemo il mese con l’atteso musical The Land of Dreams di Nicola Abbatangelo. A novembre distribuiremo L’ombra di Caravaggio di Michele Placido con Riccardo Scamarcio, Louis Garrel e Micaela Ramazzotti e Diabolik – Ginko all’attacco!, secondo capitolo della saga diretta dai Manetti Bros. Sul fronte internazionale, nei primi mesi del 2023, distribuiremo The Son con Hugh Jackman ed Anthony Hopkins, e i nuovi lavori di Steven Spielberg The Fabelmans, di Roman Polanski The Palace e di Martin Scorsese Killers of the Flower Moon.

The Son (© courtesy of 01 Distribution)

E tra i film in sviluppo o quasi terminati?
Tra i diversi progetti, vorrei citare Io capitano di Matteo Garrone, La Conversione di Marco Bellocchio e Mixed by Erry di Sydney Sibilia. Sono certo che i tre straordinari autori di questi film, che appartengono a tre generazioni diverse, ci regaleranno grandissime opere che sapranno incuriosire, sorprendere ed emozionare, proprio come mi auguro farà il cinema italiano del futuro.

Come giudica l’offerta complessiva del cinema italiano nei prossimi mesi?
Appena sufficiente e con un potenziale commerciale non in grado di colmare il momentaneo vuoto lasciato dal prodotto americano, almeno fino ai primi di dicembre. Spero che comunque la qualità dei titoli italiani che arriveranno sugli schermi negli ultimi mesi del 2022 possa generare un passaparola positivo in grado di riavvicinare gli spettatori alla fruizione della nostra cinematografia.

Nonostante la pandemia si continuano a produrre oltre 200 film all’anno: diversi escono a malapena in sala, pochi superano un milione di euro al box office. E dal 2019 sono quadruplicate le domande di tax credit. Quanto si potrà andare avanti su questa strada?
Sinceramente spero il meno possibile. Stiamo vivendo un momento di parossismo produttivo in cui si realizzano, anche grazie al tax credit del 40%, centinaia di titoli all’anno. Troppi per il nostro mercato. Si rischia così di dare priorità alla quantità rispetto alla qualità, senza più mettere al centro del progetto il risultato del box office theatrical. La prima conseguenza è che per tanti titoli italiani l’uscita in sala si è ridotta solo a uno strumento per ottemperare agli obblighi di legge, cercando di perdere il meno possibile in spese di promozione, e poter accedere ai finanziamenti pubblici e agli sfruttamenti successivi. Se non vorremo allontanare per sempre gli spettatori dalla produzione nazionale, dovremo invertire al più presto la tendenza, ricostruendo con grandi film pensati per la sala un rapporto di fiducia con lo spettatore che in questo momento si è interrotto e che non sarà semplice ristabilire nel breve periodo. Probabilmente la nostra industria, forse a causa anche della pandemia, non è riuscita ad ottimizzare i tanti vantaggi derivanti dalla legge Franceschini, creando un’industria a due velocità, in cui mai si è prodotto quanto in questi ultimi due anni a fronte della quota di mercato del prodotto nazionale più bassa degli ultimi 15 anni.

Luigi Lonigro (© Rocco Giurato e Riccardo Ghilardi)

Che tipo di equilibrio auspicherebbe tra cinema e piattaforma?
Ho da sempre sperato e creduto che l’avvento delle piattaforme avrebbe arricchito la nostra industria di nuovi capitali e nuove energie, con film a più alto budget e di respiro internazionale. Auspicavo percorsi produttivi più articolati e approfonditi, sceneggiature più raffinate, più opere con grandi ambizioni di box office in grado di generare un vero valore aggiunto per tutta la filiera. Così purtroppo, almeno per ora, non è stato. Gli investimenti sono arrivati, anche in modo massiccio, ma si sono tradotti perlopiù in quantità anziché nella necessaria qualità. Siamo ancora in una fase di analisi dei dati, ma i primi numeri lasciano intendere come non sempre i film che funzionano in sala rientrano nelle Top Ten delle piattaforme. Infatti, dai dati forniti dai principali servizi streaming, è emerso che la commedia continua ad essere il genere più gradito dagli abbonati mentre in sala fatica ad ottenere i risultati di un tempo. Non siamo ancora in grado di capire se si tratti di pubblici diversi, se lo stesso soggetto prediliga un genere nel consumo domestico e un altro sul grande schermo, o se semplicemente gli spettatori siano appagati dalle tante commedie italiane inedite, con cast di primaria importanza, che possono facilmente fruire con un semplice abbonamento svod. È necessario differenziare in modo netto ciò che viene prodotto per lo sfruttamento cinematografico da ciò che è destinato prioritariamente al consumo in piattaforma, eliminando l’obbligo per quest’ultimo di utilizzare la sala come passaggio proforma e senza alcuna ambizione, creando inoltre confusione sia negli esercenti che negli spettatori. Se è vero che la pandemia e la chiusura delle sale cinematografiche hanno generato una richiesta di contenuti senza precedenti, speriamo che col ritorno alla normalità si possano trovare il tempo e il desiderio di tornare a produrre anche tanto grande cinema per la sala oltre ad opere destinate alla fruizione in piattaforma. Il risultato ottimale sarebbe riuscire a riportare il box office ai livelli prepandemici, come avvenuto in Francia, dove comunque una realtà come Netflix conta più di 10 milioni di abbonati (più del doppio dell’Italia) a dimostrazione che risultati brillanti di sale e piattaforme possono andare di pari passo.

L’ombra di Caravaggio (© 01 Distribution)

È soddisfatto delle attuali norme sulla cronologia di sfruttamento di un film italiano, o cambierebbe qualcosa?
Penso che l’attuale regolamentazio- ne della cronologia del prodotto nazio- nale sia stata costruita in un momento di grande confusione ed urgenza. Siamo passati in pochi mesi da un obbligo di 105 giorni ad un “liberi tutti”, per poi tornare a 30 giorni e finire a 90 per tutti. Continuo a pensare che i film non siano tutti uguali e pertanto non possano essere trattati tutti nello stesso modo, dunque finestre anche più lunghe degli attuali 90 giorni per alcuni titoli con una modulazione al ribasso, secondo il modello francese, per particolari tipologie di prodotto e di sfruttamento successivo alla sala. Purtroppo, credo che non esista un Paese al mondo in cui sia stata fatta tanta confusione sulla cronologia di sfruttamento come nel nostro. Renderei liberi da ogni vincolo i film a basso budget (sotto i 2 milioni di euro) non obbligandoli ad uscire in sala, spesso senza opportuni investimenti, lasciando a produttori e distributori la facoltà di scegliere a prodotto finito il percorso migliore per ogni singola opera. A questo proposito, stiamo pagando la mancanza di una visione industriale a medio-lungo termine, a differenza di altri territori a noi comparabili che hanno saputo gestire al meglio questo tema anche in un momento molto critico per tutti. Oggi viviamo il paradosso di poter contare su una delle migliori leggi cinema al mondo (Francia a parte) in termini di risorse economiche, ma di essere tra i paesi più deboli, per consumo pro capite, a livello di box office theatrical. Dobbiamo sicuramente fare il tagliando alla cronologia degli sfruttamenti per trovare il giusto equilibrio anche alla luce di un mondo in costante e repentino cambiamento.

Il colibrì (© courtesy of 01 Distribution)

Il cinema italiano continua ad affacciarsi con difficoltà alla finestra estiva. Cosa serve per invertire questa tendenza?
Il cinema italiano deve innanzitutto riappropriarsi del proprio pubblico nei mesi alto performanti per poi poter affrontare i mesi estivi con proposte dalle larghe potenzialità. Il cinema americano ci insegna che i grandi risultati in estate si ottengono con i grandi film e anche il nostro cinema, nelle stagioni migliori, ha dimostrato che a grandi film corrispondono grandi risultati a prescindere dal periodo di uscita. Non a caso nel 2021 il primo ed il secondo film italiano per incassi sono usciti nel periodo estivo. Anche da parte dei produttori servirebbero fiducia, coraggio e condivisione dei rischi per il bene del mercato.

Quali sono, secondo lei, le ragioni della disaffezione del pubblico verso il cinema italiano?
Da gennaio a marzo 2020 il cinema italiano faceva registrare una quota di mercato pari al 35% grazie all’uscita di pochi ma importanti titoli nei primi mesi dell’anno. Stiamo parlando solo di due anni e mezzo fa e sembra un’eternità. Sicuramente ci sono stati in questi ultimi anni molti importanti fattori, come…

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