Di seguito un lungo estratto della cover story dedicata a Massimiliano Orfei, amministratore delegato di Vision Distribution, pubblicata su Box Office del 15-30 maggio 2023 (n. 5). Per leggere il testo integrale clicca QUI, oppure scarica la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonati direttamente alla versione cartacea della rivista.
Qualità, originalità e risultato al botteghino. Per Massimiliano Orfei, amministratore delegato di Vision Distribution, questo trinomio è garanzia di un prodotto nazionale di pregio ed è la prima necessità per un’industria audiovisiva sempre più competitiva. Lo stesso AD negli ultimi mesi ha dimostrato a più riprese l’efficacia di questo teorema con i recenti successi in sala di Le otto montagne (oltre 6 milioni; premiato recentemente con 4 David di Donatello), L’ultima notte di amore (3 milioni), Grazie ragazzi (oltre 2,5 milioni) e I migliori giorni (1,9 milioni), che con generi, stili e ambizioni diverse hanno saputo conquistarsi il favore del grande pubblico, contribuendo largamente alla crescita della quota del cinema italiano. «Senza dubbio Vision è ormai uno dei player di riferimento dell’industria cinematografica e negli anni ha contribuito a sviluppare la concorrenzialità e la crescita del mercato», spiega Orfei. «Lo scenario industriale nel medio lungo termine, come sappiamo, è caratterizzato da una significativa incertezza, ma il nostro obiettivo resta quello di consolidare la posizione che abbiamo raggiunto sul mercato theatrical italiano e di incrementare il valore generato dai nostri listini su tutte le filiere commerciali nazionali e internazionali. Puntiamo, in particolare, a rafforzare ulteriormente la nostra capacità di reperire fonti di finanziamento delle nostre produzioni sui mercati esteri, essendo convinti che la costruzione di progetti in grado di raggiungere anche il pubblico internazionale sarà uno degli elementi che può fare la differenza anche rispetto ai risultati theatrical attesi in Italia per lo stesso prodotto».
Quali sono i vostri film di punta in uscita quest’anno al cinema?
«Cito le nostre principali proposte: Adagio di Stefano Sollima, con Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Valerio Mastandrea e Adriano Giannini; C’è ancora domani, opera prima di Paola Cortellesi, con protagonisti la stessa Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea; Una presta libertà di Gennaro Nunziante, con Pio e Amedeo; Caracas di Marco D’Amore, con Marco D’amore e Toni Servillo; Confidenza di Daniele Luchetti, con Elio Germano, Pilar Fogliati, Vittoria Puccini e Isabella Ferrari; 100 domeniche di e con Antonio Albanese; I peggiori giorni, secondo capitolo de I migliori giorni, di Edoardo Leo e Massimiliano Bruno, con protagonisti, tra gli altri, gli stessi Leo e Bruno, Rocco Papaleo, Giovanni Storti, Anna Foglietta, Giuseppe Battiston, Claudia Gerini, Fabrizio Bentivoglio e altri che non possiamo ancora annunciare ma dei quali daremo grande visibilità a Riccione».

(ph.Riccardo Ghilardi)
Da fine 2022 ad oggi avete contribuito a costruire una solida offerta cinematografica con titoli di successo, in primis Le otto montagne. Come giudica i vostri recenti risultati in sala?
«Siamo molto soddisfatti dei risultati di tutte le nostre proposte del primo trimestre dell’anno. A partire da Le otto montagne, che solo nel mese di gennaio ha totalizzato 3,8 milioni di euro, per un totale che ha superato i 6 milioni. Ricordo anche I migliori giorni, che ha dato un contributo importante alle sale del centro-sud durante le feste sfiorando i 2 milioni di euro, per poi proseguire con i successi di Grazie ragazzi(2,6 milioni) e L’ultima notte d’amore (3 milioni), l’ottimo esordio di Pilar Fogliati con Romantiche e il buon risultato di Quando di Veltroni. Insomma, film di grande qualità, di genere e rilancio della commedia hanno caratterizzato un trimestre in cui abbiamo parlato attraverso il cinema italiano a tanti target diversi, posizionando Vision sul podio della distribuzione italiana con una quota superiore al 10% del mercato. Sono segnali importanti dopo i difficili anni pandemici».
La sua opinione sullo stato di salute del cinema italiano? Quali le criticità da superare?
«Il cinema italiano è in buona salute e ha grandi opportunità e prospettive davanti. Con una quota di mercato del 34% nel primo trimestre del 2023, possiamo dire che il cinema italiano sta dando un grande contributo alla ripresa del settore theatrical, un’ottima spinta in previsione di altri grandi titoli italiani in arrivo e una stagione ricca di grandi blockbuster internazionali. Anche la qualità del prodotto nazionale è molto alta e siamo convinti che questa relazione tra qualità, originalità del contenuto e risultato al botteghino sia ormai una necessità in una industria dell’audiovisivo sempre più competitiva. La criticità principale è quella di coniugare i costi che questa qualità produttiva richiede, con un mercato theatrical ancora in ripresa e canali di sfruttamento successivi alla sala in grande trasformazione. Occorre senz’altro razionalizzare i costi e creare le condizioni per un accesso più selettivo ai sostegni pubblici così da rendere più sostenibile il complessivo volume di prodotto immesso sul mercato. Ma il primo obiettivo che dobbiamo avere è incrementare la capacità del nostro prodotto di generare valore e ricavi, sia in sala che su tutti i possibili e successivi canali distributivi in Italia e, soprattutto, sui mercati esteri».

100 domeniche
L’ad di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, ha sottolineato la necessità di un pluralismo produttivo per trovare nuovi talenti, anche se non sempre si registra un ritorno immediato. Lei cosa ne pensa?
«Condivido totalmente. Se non siamo in grado di gestire una certa quota di rischio nelle cose che facciamo, non faremmo bene il nostro mestiere. Se puntassimo solo sulle cose che sappiamo funzionare, finiremmo per chiudere la nostra industria in un perimetro molto angusto, solite storie e soliti volti, con una miopia che nel tempo finirebbe per danneggiare il nostro business. Il nostro lavoro consiste nel creare un portafoglio di titoli in listino dotato di un giusto equilibrio tra prodotto che punta al chiaro successo commerciale e prodotto che punta al lancio di nuovi talenti e nuovi volti che, ovviamente, ha margini di rischio superiori. Il successo deriva dalla nostra capacità di creare un mix razionale di prodotto. Ciò che conta è il valore del listino complessivo e non solo e non tanto quello dei singoli film».
Nel post-pandemia si è registrato un innalzamento dei costi delle produzioni cinematografiche. Quali sono le ragioni di questo fenomeno? È un modello sostenibile, o si dovrà invertire questo trend?
«La dinamica di innalzamento dei costi produttivi ha ragioni di carattere strutturale e industriale (piena occupazione per la forte domanda di prodotto), su cui incidono anche fattori macroeconomici (inflazione, oneri finanziari, ecc…). Ed è una grave difficoltà. Ma temo che non riusciremo a risolvere i nostri problemi puntando sulla riduzione di costi e investimenti, perché finiremmo per danneggiare la crescita della nostra industria. Ci sono senza dubbio margini significativi di razionalizzazione e ottimizzazione, soprattutto sul lato della misura dei sostegni pubblici, e ci dobbiamo lavorare, ma l’obiettivo principale deve essere quello di far crescere i ricavi. La sostenibilità prospettica dipende fondamentalmente da questo. Una delle partite fondamentali si gioca sul piano internazionale, dove i nostri prodotti scontano un gap storico di competitività rispetto ad altre industrie nazionali paragonabili alla nostra. I nostri prodotti devono riuscire a trovare adeguati sbocchi commerciali all’estero e per fare questo è necessario lavorare sulla qualità produttiva, sulla diversificazione dei generi, delle storie e dei linguaggi, sui modelli commerciali. Non a caso Vision ha creato una divisione interna dedicata alla distribuzione internazionale, sulla quale puntiamo e punteremo molto. Mi piace citare, a questo proposito, il film L’ultima notte di amore, un film ambizioso e coraggioso, rispetto al quale abbiamo affrontato il tema dei costi non solo in termini di razionalizzazione ma anche in termini di costruzione di nuovi modelli di financing, costruendo una partnership produttiva e distributiva con Universal e Focus, garantendo al film le risorse economiche e finanziarie necessarie, oltre che sbocchi distributivi di primo livello sui mercati internazionali.

Confidenza
Questa è la strada da seguire».
A proposito di finestre, qual è la sua opinione spassionata sulle window? E arriveremo mai a una regolamentazione per tutti i film?
«Ho più volte manifestato il mio pensiero su questo punto. Stiamo dando un’importanza eccessiva alla questione. Siamo tutti d’accordo che la sala cinematografica, quale primo fondamentale motore di creazione del valore, debba avere una congrua esclusiva temporale, ma non sono affatto convinto che una regolamentazione rigida sia un fattore di crescita. Nelle scorse settimane abbiamo addirittura assistito ad un intervento della magistratura, il TAR, che ha annullato il decreto ministeriale che stabiliva 90 giorni di generale finestra per il prodotto nazionale, facendo rivivere la regolamentazione originaria a 105 giorni. Si è creata una grande confusione. A mio avviso, è utopistico pensare di riportare il pubblico in sala facendo leva sulla regolamentazione “dall’alto” delle finestre, o comunque facendo di questo tema il primo punto all’ordine del giorno delle nostre agende. Il pubblico si riporta in sala, prima di tutto, con la forza delle proposte distributive e con campagne di comunicazione efficaci, non con misure di carattere pedagogico».
Come giudica le misure che il Ministero dovrebbe attuare a favore del cinema italiano per l’estate 2023?
«Avere l’appoggio del Ministero nel rilancio del cinema italiano è fondamentale e il supporto pubblico nei prossimi mesi estivi sarà fondamentale, come è stato fondamentale quello durante il periodo pandemico. Sono favorevole all’incremento del tax credit ai P&A in estate, per consentirci di scommettere su un prodotto più largo, e anche al supporto sul prezzo del biglietto, manovra di cui capisco sia i benefici che i rischi, ma in momenti così straordinari abbiamo bisogno di gettare il cuore oltre l’ostacolo e provare anche strade finora inesplorate in larga scala. Recuperare un valore di mercato adeguato nella stagione estiva, soprattutto per il prodotto nazionale, deve essere un obiettivo strategico per tutti. Questo è uno dei gap di competitività della nostra industria che va colmato in tempi brevi. Essenziale è che le politiche di sostegno a questo riguardo siano certe nel lungo periodo, in modo da consentire agli attori del mercato una pianificazione delle produzioni e delle distribuzioni».
Cosa risponde a chi ritiene che troppi film italiani escono in sala privi del sostegno di campagne marketing che garantisca un minimo di visibilità?
«Non posso parlare per altre aziende, ma per quanto riguarda Vision posso dire che è un discorso che non ci coinvolge. Oltre ai risultati al botteghino, siamo contenti di come l’esercizio riconosca l’impegno di Vision anche nel lancio dei film, da un punto di vista dia qualitativo che quantitativo, conditio sine qua non nel contesto competitivo che descrivevo prima».
In un mondo ideale, quale dovrebbe essere il ruolo delle piattaforme streaming nel cinema italiano?
«Il prodotto italiano trova oggi le sue principali, se non esclusive fonti di ricavo, sul mercato nazionale. I film importanti, con grandi budget di produzione, hanno bisogno del supporto di tutta la filiera per essere realizzati; quindi, il ruolo delle piattaforme, i cui investimenti sono molto rilevanti, non può che essere sinergico, integrato e a supporto di una catena di sfruttamenti che parte dalla sala, ancora oggi insostituibile canale sia di revenue sia di creazione del valore di ogni film. Il ruolo delle piattaforme è quindi semplicemente essenziale. Ritiene che la distribuzione dei cinema sul territorio italiano sia sufficiente per assorbire il prodotto».
Quali le carenze e dove suggerisce di intervenire?
«La crescente competizione del prodotto audiovisivo colpisce non soltanto il settore produttivo ma anche quello dell’esercizio. Le sale italiane hanno bisogno di rispondere a questa sfida sia con investimenti infrastrutturali che dotandosi di una identità e di offerte a valore aggiunto appropriati ad attrarre il proprio target di riferimento. Non esiste una regola aurea ma…»
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