Cover Story: Jérôme Paillard, l’arte di fare affari

Lo storico Executive Director del Marché du Film spiega come sia riuscito, in 27 anni alla guida dell’evento, a rendere il mercato di Cannes il più importante e “stimolante” al mondo. E ci racconta anche perché le nuove regole delle window non sono ancora sufficienti e come sale e piattaforme saranno sempre più complementari in futuro

Di seguito un estratto dell’intervista a Jérôme Paillard, direttore del Marché du Film di Cannes (quest’anno in programma dal 17 al 25 maggio), pubblicata su Box Office del 15-30 maggio (n. 9-10). Per leggere il testo integrale, scaricare la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonarsi direttamente alla versione cartacea della rivista.

Matematico, musicista, istruttore di volo. Sono anche queste le qualifiche del direttore storico del Marché du Film, Jérôme Paillard. E forse è proprio grazie alla sua abilità coi numeri, alla sua passione per l’arte e al suo sguardo “allenato a una visione dall’alto”, di insieme, che Paillard ha condotto con successo il mercato del Festival di Cannes per 27 anni rendendolo il film market più importante al mondo. Ma al di là della lettura un po’ poetica della sua professionalità, è un dato di fatto che Paillard abbia fatto del Marché du Film un appuntamento imprescindibile per l’industria audiovisiva, portando ogni anno sulla Croisette 12.500 professionisti del settore per fare affari tra incontri, panel e la presentazione di oltre 4.000 titoli tra film e altri progetti audiovisivi. E sempre a lui si deve la nascita di Ventana Sur, il primo e più importante film market in America Latina, e di Cinando.com, l’insostituibile database e piattaforma di networking virtuale consultata con avidità da tutti i professional accreditati al Marché.

Quella del 2022 è l’ultima edizione come Executive Director di Paillard, che a fine anno passerà il testimone al 39enne Guillaume Esmiol. In questa intervista, oltre a raccontare come abbia reso il Marché di Cannes il mercato più “stimolante” al mondo, Paillard spiega perché secondo lui le nuove regole delle window in Francia non sono sufficienti e perché sale e piattaforme saranno sempre più complementari.

Dopo due anni segnati dalla pandemia, nel 2022 il Marché du Film torna finalmente alla “normalità”. Cosa rappresenta per l’industria cinematografica questa edizione?
È il primo vero film market dell’era post-Covid. Torniamo in forza, in presenza, con le stesse ambizioni di prima. Siamo tutti stanchi di Zoom, Teams e di tutti questi meeting filtrati dagli schermi. Quest’anno, a Cannes, tutti hanno voluto esserci di persona. C’è un grande entusiasmo. I meeting virtuali non riusciranno mai a rimpiazzare gli affari di persona: in questi due anni ho raccolto numerose testimonianze di professionisti del settore che mi hanno confermato come, con gli incontri online, abbiano concluso meno accordi e meno importanti rispetto a quelli che avrebbero potuto finalizzare in presenza. Per certi contratti e partnership, la costruzione della fiducia reciproca passa da dialoghi faccia a faccia, dalle strette di mano, dal linguaggio non-verbale. Tutti elementi depotenziati nelle video chiamate. Quando si vuole costruire qualcosa di importante insieme, c’è bisogno di essere nella stessa stanza, di studiarsi a vicenda, da vicino, per negoziare e arrivare alla firma.

In ogni caso la componente online sembra ancora strategica per il Marché, visto che avete confermato l’accredito per partecipare da remoto.
In realtà, rispetto all’anno scorso, il “badge online” dà solo la possibilità di assistere alle proiezioni virtuali e alle conferenze, mentre non sono più disponibili quegli incontri virtuali e quei tool di networking digitale che cercavano di ricreare gli appuntamenti face-to-face sulla Croisette. La fase di networking è quella più difficile da ricreare online; ecco perché in tantissimi prediligono comunque i film market dal vivo. Detto questo, con la pandemia abbiamo imparato che la tecnologia è importante per i nostri mercati anche in termini di inclusività: data anche la situazione di crisi economica prolungata, non tutti possono permettersi di venire a Cannes, o di venirci tutti gli anni, ma non per questo devono essere tagliati fuori.

Quest’anno le presenze sono tornate ai livelli pre-Covid?
In attesa dei dati definitivi, possiamo dire che, pur essendo un’edizione meno affollata di quella del 2019, il Marché 2022 è davvero molto partecipato. C’è una netta crescita rispetto all’edizione ibrida del 2021, quando tanti professionisti, soprattutto quelli provenienti dal continente asiatico, avevano preferito, o erano stati costretti, a partecipare online.

La presenza della Cina, però, è per forza di cose ridotta…
Beh sì, in questi ultimi mesi la Cina sta fronteggiando una situazione sanitaria ancora complessa, quindi non ci sono troppi suoi rappresentati in loco. La Cina è comunque ben rappresentata dal suo pavilion al Villaggio Internazionale e dagli stand delle proprie società. Senza dimenticare la sezione Bridging the Dragon interamente focalizzata sul mercato cinese che è ormai giunta alla settima edizione. Inoltre, proprio durante i giorni del Marché di Cannes, a Pechino sono in programma proiezioni di titoli della selezione ufficiale del Festival e del Marché.

Oltre alla Cina, qual è il trend degli accreditati degli altri Paesi?
Decisamente alti i numeri della Corea del Sud, mentre un’altra nazione molto presente è l’India, che è anche il Country of Honor dell’edizione di quest’anno.

Cosa rende unico il Marché du Film rispetto agli altri film market nel resto del mondo?
Direi il suo profilo così incredibilmente internazionale e di ampio respiro. Solo a Cannes, nei giorni del Marché, è possibile trovare una densità così alta di rappresentati dell’industria provenienti da tutti i Paesi del mondo. Solo al Marché si possono visionare così tanti film, così diversi, di ogni genere, dai blockbuster più commerciali alle produzioni indipendenti. Paragonato a qualsiasi altro evento industry al mondo, il Marché attira l’audience più vasta: solo da noi si può incontrare davvero chiunque si voglia. Senza dimenticare gli stimoli che arrivano dalle nostre conferenze che portano a scoprire nuovi territori, tecnologie e tendenze.

Come giudica la nuova regolamentazione delle window in Francia che ha abbassato a 15 mesi l’esclusiva theatrical rispetto ai precedenti 36 mesi?
È una regolamentazione importante, che andava fatta, ma per me – ed è un punto di vista assolutamente personale – non è sufficiente. Sono necessarie regole più flessibili e diversificate a seconda del tipo di film. Le produzioni indipendenti e d’autore, che spesso hanno una tenitura in sala che non arriva alle due settimane, dovrebbero beneficiare di finestre più corte, in modo di ottimizzare la promozione mediatica fatta per la release nei cinema e allargare così il loro potenziale pubblico. Solo potendo raggiungere prima altri spettatori attraverso gli sfruttamenti successivi, questo genere di film può esistere davvero.

Che impatto avrà l’arrivo di Iris Knobloch come nuova presidente sul Festival di Cannes e sul Marché a partire dal 2023?
Sono sicuro che sarà un’ottima presidente, non posso aggiungere altro.

La stampa internazionale vocifera che, sotto la sua nuova presidenza, il Festival potrebbe modificare la regola che obbliga all’uscita nelle sale francesi (e dunque al rispetto della window theatrical) i film in Concorso. I film delle piattaforme torneranno in competizione?
Purtroppo non ho informazioni al riguardo che posso condividere.

In che modo sale e piattaforme conviveranno in futuro?
Le piattaforme hanno ormai compreso che il passaggio in sala crea valore e porta vantaggi ai loro film: un certo risultato al box office, oltre alle entrate prettamente economiche, amplia considerevolmente la visibilità del film stesso. In futuro, tra cinema e streaming, ci sarà sempre più un rapporto di complementarietà, e non di concorrenza. Lo si vede anche dal fatto che le ott stanno investendo sempre più risorse in film pensati per avere un passaggio sul grande schermo e, possibilmente, anche ai festival. La situazione è profondamente cambiata rispetto a solo 7-8 anni fa quando – lo ricordo molto bene – Netflix non era assolutamente interessata ai riflettori dei festival. Non mi riferisco solo a Cannes, ma anche ad altre manifestazioni più piccole in Europa e in America alle quali Netflix negava l’autorizzazione per anteprime dei loro titoli. Ora la loro strategia è completamente cambiata, e Netflix spinge per un passaggio dei suoi film anche ai festival minori. Sono dunque ottimista sulla convivenza futura tra le due realtà; questo, però, a fronte di un investimento sempre maggiore delle piattaforme nei territori locali in cui operano e fanno profitti.

In questa convivenza con le piattaforme basata sulla complementarietà, il mercato theatrical sarà sempre centrale o verrà ridimensionato?
Domanda difficile. Dopo che il Covid ha “abbattuto” le presenze, i cinema stanno cercando di trovare nuove strade e una nuova identità, anche offrendo nuovi contenuti: non solo film, ma concerti, spettacoli teatrali, sport, serie, tornei di videogame…

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