Cover Story: Gabriele D’Andrea e l’unione di business e cultura in Circuito Cinema

L’amministratore delegato di C+C crede nella forte identità all’insegna della qualità che caratterizza la sua catena cinematografica, reduce da un anno in crescita del 10% sul 2023
Gabriele D'Andrea (foto di Simone Martellacci)

Quando a fine 2023 Gabriele D’Andrea è stato nominato amministratore delegato di Circuito Cinema, il manager conosceva già a fondo l’identità e le strategie aziendali della catena cinematografica improntata sul cinema di qualità. In quanto direttore theatrical di Lucky Red (carica che continua a ricoprire), socio distributore di maggioranza di C+C, D’Andrea curava da tempo diversi aspetti legati alla comunicazione delle sale. Aspetti che nell’ultimo anno, alla luce del suo nuovo ruolo, ha saputo integrare e ampliare, portando avanti una visione strategica che non ha paura di percorrere strade meno battute: dalle numerose rassegne e iniziative mirate ai più giovani, a scelte anticonvenzionali come quella di non voler mostrare spot commerciali prima dell’inizio delle proiezioni. Un piano che nel 2024 ha portato Circuito Cinema a registrare risultati addirittura superiori del 10% sul 2023. E sul mantenere il giusto equilibrio dei soci distributori (Lucky Red, Bim, Europictures e Officine Ubu) nella valorizzazione del prodotto, D’Andrea ripone piena fiducia nell’imparzialità e nella lunga esperienza del responsabile della programmazione Fabio Fefè, partendo dal principio assoluto che «la gerarchia è data dal valore del film e non dalla distribuzione che lo propone».

È ormai trascorso un anno dalla sua nomina di amministratore delegato di Circuito Cinema. Quali sono state le principali sfide da affrontare e quali cambiamenti interni ha portato?
«In termini di cambiamenti interni, c’è stato un semplice avvicendamento tra me e Andrea Occhipinti, quindi tutto il resto è rimasto invariato. Già collaboravo con Circuito Cinema dal 2022 con un occhio sul marketing, questo mi ha permesso di acquisire alcune conoscenze e velocizzare il mio inserimento come amministratore. A livello personale, questa è una grande opportunità per arricchire le mie conoscenze e avere una visione completa sui processi distributivi. La sfida è coniugare business e cultura, dimostrare che con la cultura si può fare profitto e restituire un 2025 valore sociale: per questo Circuito Cinema sceglie i film da programmare applicando un criterio di selezione orientato a queste premesse. Abbiamo anche molto rispetto per i distributori, un’etica che si traduce in un rapporto di chiarezza e coerenza: se prendiamo un accordo, che sia commerciale,
di marketing o programmazione, quell’accordo verrà rispettato e non cambiato in corsa in modo unilaterale. È tutto parte integrante della stessa visione, il rispetto per i distributori e per le altre componenti del business è lo stesso che abbiamo per gli spettatori: in entrambi i casi non guardiamo solo all’aspetto economico».

Come si è chiuso il 2024 per C+C? È soddisfatto dei risultati raggiunti?
«Sì, sono molto soddisfatto. Chiudiamo con un segno positivo di oltre il 10% rispetto al 2023, che pure era stato un anno in crescita rispetto al 2022. Detto questo, è anche importante che questi risultati siano stati raggiunti senza tradire la nostra identità di cui sopra e la nostra vocazione verso una certa idea di cinema, continuando a valorizzare film che senza Circuito Cinema rischierebbero di non incontrare mai il loro pubblico. Va poi ricordato l’impegno e la passione di tante professioniste e professionisti che animano l’ufficio di via Delle 4 Fontane e le nostre sale».

Quali sono le sue aspettative per il 2025, alla luce di un’offerta di qualità in parte già definita?
«In attesa dei grandi Festival, specialmente Cannes, ci sono titoli interessanti all’orizzonte. In primis quelli candidati agli Oscar, ma anche film di registi italiani che potrebbero proseguire nel solco tracciato a partire da C’è ancora domani. Cito per tutti tre film italiani posizionati tra febbraio e aprile: Follemente di Paolo Genovese, che ha vinto la targa di Box Office come miglior alle Giornate professionali di Sorrento, il nuovo film di Gabriele Mainetti, un regista a cui come Circuito Cinema siamo molto affezionati, e infine Queer di Luca Guadagnino, uno dei titoli più attesi del primo semestre. In generale l’auspicio è di avere un maggio e un giugno superiore a quello dell’anno scorso per le sale cittadine, sono ottimista».

Nella compagine societaria di Circuito Cinema rientrano diverse distribuzioni cinematografiche. Come mantenete il giusto equilibrio nella valorizzazione del prodotto, compreso quello di altre società?«
«Rispetto ai soci distributori, che sono Lucky Red, Bim, Europictures e Officine Ubu, c’è piena fiducia nell’operato del team di programmazione, che gode di una completa autonomia. Abbiamo un responsabile, Fabio Fefè, anche socio fondatore di Circuito Cinema, che per tutto il mercato è garanzia di equilibrio e imparzialità. Il principio industriale è lo stesso, valido per tutti e riconosciuto da tutti, in primis dai soci: la gerarchia è data dal valore del film e non dalla distribuzione che lo propone. Una cosa poi è garantita: in Circuito Cinema i film hanno la possibilità di avere una lunga tenitura e sviluppare i risultati nel tempo; per fare un paio di esempi, un film come Anora ha avuto una programmazione ininterrotta dal 7 novembre fino al 6 gennaio, lo stesso è accaduto la scorsa primavera con La zona di Interesse. E non sono film di soci».

D’Andrea insieme a Fabio Fefé (Simone Martellacci)

Ci racconti la strategia di comunicazione di Circuito Cinema e come si declina tra i vari media.
«Oggi il mezzo che presidiamo meglio è quello digitale, dove riusciamo a dare visibilità e conversione alle varie attività che compongono il nostro palinsesto editoriale. Penso a format originali come “Poltroncine”, incontri di approfondimento, rassegne verticali su autori, proiezioni in formati speciali come il 70mm, campagne di abbonamento attive tutte l’anno ma che variano a seconda della stagione, anteprime di mezzanotte, serate particolari come quella del 31 dicembre, le anteprime della domenica mattina, promozioni speciali soprattutto per i film family (per Inside Out 2 abbiamo omaggiato un popcorn a tutti gli under 14), una ricerca costante della versione originale, incontri per presentazioni di libri che hanno qualche rilevanza col cinema, ecc. Tutto parte dalla nostra idea di cinema e finisce nella sala come spazio fisico: in mezzo c’è un’attività di comunicazione molto curata che coinvolge il nostro pubblico a 360 gradi».

Un’attività particolarmente apprezzata dal vostro pubblico sono le proiezioni della domenica mattina. Quali sono i punti di forza di questa iniziativa?
«È una rassegna iniziata con il Centro Sperimentale sotto la guida di Marta Donzelli e che, in un secondo momento, con Cesare Petrillo, Andrea Occhipinti e Fabio Fefè abbiamo deciso di proporre autonomamente al pubblico come Circuito Cinema. Cesare, coadiuvato da Simone Fabio Ghidoni, ha fatto un lavoro accurato di selezione e organizzazione di classici suddivisi per aree tematiche che da subito ha mostrato di avere un grande seguito: l’anno scorso la commedia americana di Lubitsch, Hawks e dell’epoca d’oro di Hollywood, quest’anno il noir americano degli anni 40 e 50. Tutto rigorosamente in copie digitali di alta qualità, in versione originale con sottotitoli, e le proiezioni sono sempre introdotte da Cesare. La domenica mattina è diventato un rito, un appuntamento fisso per tanti appassionati, al punto che abbiamo deciso di spingerci oltre, affiancando alcune rassegne verticali al Cinema Nuovo Olimpia: la rassegna “Queer” della primavera scorsa dedicata al cinema Lgbt, e quella dedicata al cinema di Alfred Hitchcock. Visto il successo,  abbiamo deciso di iniziare queste retrospettive anche nelle nostre sale di Torino, precisamente al Cinema Nazionale dove introduce Bruno Ventavoli, mentre l’Anteo di Milano ci ha affiancati sin dal principio. Il prossimo passo sarà portare questo format nelle nostre sale di Firenze».

E per quanto riguarda le anteprime con talent italiani e internazionali in presenza e in collegamento video?
«Sono parte integrante della nostra attività. Direi che lo streaming di fatto è partito con Circuito Cinema e siamo molto contenti che questa opportunità sia arrivata anche ad altri cinema in Italia, soprattutto in provincia. È un utilizzo intelligente della tecnologia. Addirittura, in alcuni casi siamo riusciti a mandare in streaming contenuti alternativi alla semplice presentazione, ad esempio esibizioni live come nel caso di Foglie al vento, dove le musiciste del film di Kaurismäki hanno realizzato un concerto reso disponibile per oltre 50 cinema. I talent italiani e internazionali frequentano abitualmente le nostre sale: solo a dicembre abbiamo ospitato Jacques Audiard, Karla Sofia Gascón, Walter Salles, Fernanda Torres, Marianne Jean-Baptiste, Miguel Gomes, Robbie Williams, Michael Gracey, Ferzan Özpetek».

Qual è la ratio dietro la decisione anticonvenzionale di Circuito Cinema di non mostrare spot commerciali prima dell’inizio delle proiezioni?
Continuerete su questa linea?
«Sì, è una scelta che abbiamo preso un anno e mezzo fa e di cui personalmente sono stato un grande fautore, trovando terreno fertile in Andrea Occhipinti e Antonio Medici. Di fatto abbiamo rinunciato a un introito certo per dare un’esperienza migliore al nostro pubblico. Ho letto le recenti dichiarazioni di Todd Phillips e che risuonano con le motivazioni che ci hanno portato a prendere questa decisione. Nel futuro non abbiamo preclusioni, se ci saranno opportunità di integrare la pubblicità commerciale in un modo che per noi sia rispettoso dell’idea di esperienza che intendiamo offrire ai nostri spettatori, faremo una valutazione. Oggi questi presupposti non ci sono e siamo contenti di poter dare esclusiva visibilità ai trailer dei distributori, senza porre limitazioni particolari nella durata dei contenuti, come magari sono costretti a fare altri operatori. Se un trailer è bello ed efficace, è giusto che duri quello che deve durare».

In un mondo sempre più digitalizzato, quanto il vostro pubblico è incline all’acquisto online, o attraverso le casse automatiche?
«Non abbiamo casse automatiche. Vediamo una crescente propensione all’acquisto online, soprattutto per i film internazionali e per i saluti in sala. Dedicate grande attenzione anche alle persone con disabilità. Assolutamente, tutti i nostri cinema e le nostre sale sono accessibili e dotate di tutte le strumentazioni necessarie per favorire la. fruizione trasversale dei nostri film».

Che tipo di riscontro avete da scuole e aziende per proiezioni private?
«Lavoriamo costantemente con le scuole, solo nei nostri cinema di Roma abbiamo portato oltre 30.000 studenti in sala quest’anno. Per la tipologia di film che programmiamo la collaborazione è prevalentemente con i licei».

Quanto incide, in percentuale, il cinema italiano sulla performance complessiva di C+C?
«Indice in media per circa il 40% ed è una componente saliente della nostra offerta, anche per la possibilità di lavorare con gli artisti e ospitarli nelle nostre sale. Ultimamente, come alcuni analisti hanno fatto notare, c’è una produzione che va verso una tipologia di film più in linea con Circuito Cinema. Per parlare del passato recente, film come Vermiglio, Parthenope, Berlinguer, Napoli New York e Diamanti hanno avuto una circolazione nelle nostre sale davvero estesa nel tempo, ampia e trasversale. Questo è importante per tanti motivi, i film italiani hanno una maggiore redditività complessiva per il mercato».

Come targettizzate e profilate i vostri clienti? E come questo lavoro di raccolta dati viene utilizzato in sinergia con le distribuzioni?
«Per Circuito Cinema la fonte principale di raccolta dati è costituita dal servizio ticketing, attraverso il quale riusciamo a raccogliere le principali informazioni demografiche e, in base agli acquisti 2025 indicazioni sui gusti cinematografici e gli orari preferiti del pubblico. Tutto questo ci permette migliorare il nostro servizio, ma anche di costruire una comunicazione mirata per il cliente. Un’altra fonte interessante di dati deriva dal servizio abbonamenti e sono numerose le occasioni in cui, insieme alle distribuzioni, abbiamo organizzato eventi attivando la comunicazione su segmenti specifici dei nostri abbonati. In termini generali, è evidente che oggi non parliamo più di target tradizionali e precostituiti ma di nicchie di appassionati molto mutevoli, che cambiano rapidamente, e spesso spontaneamente, l’oggetto di interesse. Oggi sono da una parte, domani da un’altra, e dentro queste nicchie troviamo profili molto eterogenei, uniti dall’interesse specifico ma molto diversi tra loro. Questo rende il panorama imprevedibile e fluido, ma anche più stimolante e sorprendente, a patto di avere la flessibilità per stare al passo e adattarsi ai cambiamenti».

Gabriele D’Andrea (foto di Simone Martellacci)

Nell’ultimo anno Circuito Cinema ha distribuito qualche film in sala. Continuerete in questa direzione?
«È un modello che ritengo interessante, ci sono crescenti casi in Europa di questo tipo, l’ultimo in ordine di tempo è Vue in Inghilterra. Se troveremo un partner affidabile con cui costruire un progetto insieme, ci faremo trovare pronti; penso che all’interno di Circuito Cinema ci siano le competenze e le risorse strutturali per sostenere la distribuzione di una certa tipologia di film senza che questo, ovviamente, significhi uno squilibrio rispetto ad altri distributori. Non può esserci ambiguità su questo principio».

Avete in programma nuovi progetti di ristrutturazione e/o aperture imminenti?
«Oggi Circuito Cinema programma 130 schermi in tutta Italia secondo un modello ibrido: siamo proprietari o gestori al 100% di alcuni cinema a Roma e Firenze, siamo soci al 50% di diverse sale a Torino, Bologna e Napoli, seguiamo la programmazione di altre strutture in tutta Italia che vanno da Palermo a Milano. Stiamo continuando a rinnovare il parco
sale a livello nazionale. Abbiamo già portato il Fiorella a 3 schermi, a gennaio partiranno i lavori del Flora che passerà da 2 a 5 sale e concluderà il percorso di sviluppo su una città per noi strategica come Firenze. Entro la primavera inizieranno i lavori del Fossolo di Bologna, la parte burocratica è stata completamente espletata e ha chiesto diversi mesi di gestazione: il Fossolo diventerà una bellissima struttura moderna con 3 sale molto capienti. Già oggi è una struttura che risponde in modo incredibile, basti pensare alle oltre 10.000 presenze realizzate con Diamanti, ma dopo questa ristrutturazione lo sarà ancora di più. Abbiamo in programma investimenti ingenti perché vogliamo ristrutturare orientati alla ricerca di eleganza, con un occhio di riguardo anche al servizio di ristorazione che vorremmo fosse sempre più gourmet e qualificato, in linea con i film che programmiamo. Abbiamo già internalizzato i bar del 4 Fontane e del Giulio Cesare, intendiamo continuare su questa strada».

Se potesse cambiare qualcosa nell’industria cinematografica con uno schiocco di dita, cosa farebbe?
«In primis cambierei la narrazione. Nella scorsa edizione di CineEurope, dunque non più di 6 mesi fa, nel panel più interessante della manifestazione che si tiene il lunedì mattina che precede l’inizio delle convention, erano riuniti due executive di Paramount e Sony per la distribuzione, altrettanti di Vue e Imax per l’esercizio. A questa stessa domanda che tu mi hai posto, hanno risposto allo stesso modo, in unisono: the endless negative narrative. Posto che il confronto continuo e anche radicale sui grandi temi della nostra industria non dovrebbe mai venire meno perché solo dalla condivisione, dalla pluralità di visioni e di proposte può nascere un autentico sviluppo, troppo spesso si guarda il bicchiere mezzo vuoto, si dà sfogo al pessimismo, ci si abbandona al vittimismo. Questo è un grande spreco di energie. Ho svolto e svolgo tutt’ora ruoli associativi, è evidente che i risultati migliori si sono ottenuti quando si è remato tutti dalla stessa parte, come ha dimostrato il lavoro intrapreso sull’estate a partire dal 2018».

L’intervista è stata pubblicata sul numero di Box Office di gennaio 2025

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