Come rendere un set sempre più green?

Lo spiegano il green manager Claudio Savelli e l'assistente di produzione Silvia Impiglia

Diminuire, o addirittura eliminare le bottigliette di plastica, scegliere mezzi di trasporto più ecologici, ridurre i rifiuti: sono solo alcune delle buone pratiche che rendono più green anche il set di un film o di una serie Tv. Per l’industria cinematografica non si tratta solo di sposare abitudini virtuose, ma di entrare in un’ottica che porta molti vantaggi, immediati e futuri. Un set più sostenibile non fa solo bene all’ambiente, ma anche al portafoglio: oggi, anche in Italia, la certificazione Green permette di raggiungere punteggi migliori nei bandi per la richiesta di sovvenzioni regionali, statali e delle diverse Film Commission. Oltre al positivo ritorno d’immagine per il titolo specifico o la casa di produzione tutta, in un’ottica globale in cui l’attenzione ai temi ambientali è sempre più apprezzata e necessaria. Affinché un film sia ufficialmente riconosciuto come ecosostenibile, però, deve seguire uno dei diversi disciplinari in vigore in Italia in materia ed essere valutato da un ente certificatore indipendente. A predisporre e organizzare il percorso è una figura specifica, quella del Green Manager. Come Claudio Savelli, comasco ma da anni stabile in provincia di Vicenza, che in questo ruolo ha lavorato su molti set, fra gli ultimi quelli di Improvvisamente a Natale mi sposo e A Sudden Case of Christmas, con Danny De Vito e Andy McDowell, entrambi prodotti da Notorious e girati sulle Dolomiti venete. Il Green Manager in Italia è, ad oggi, quasi sempre un consulente esterno rispetto alle produzioni. Nel caso di Savelli l’interfaccia interna con Notorious è stata Silvia Impiglia, assistente di produzione con riferimento al protocollo Green, che ha di fatto messo in pratica le indicazioni del Green Manager sia in pre-produzione, anche fornendo la documentazione necessaria, sia durante le riprese, controllando che le regole fossero rispettate, fino ai report finali.

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IL CASO A SUDDEN CASE OF CHRISTMAS

A Sudden Case of Christmas è un set emblematico che useremo come esempio per capire cosa significhi seguire la strada verso la certificazione Green. Il film è stato girato, tra metà giugno e metà luglio del 2023, prevalentemente in montagna tra Borca di Cadore in Veneto, nell’hotel dove dormiva anche la crew, e poi a Cortina, Passo Falzarego, a Villa Bassa in Val Pusteria: molti i set in esterni, a volte impegnativi, dove le pratiche green hanno dimostrato ancor meglio la loro efficacia. L’apporto fattivo del Green Manager nelle produzioni audiovisive comincia molto prima dell’inizio delle riprese. «Il nostro compito si svolge per il 70% in fase di pre-produzione e pianificazione, per il 20% in fase di esecuzione e il 10% in post produzione, nei rendiconti finali e nei report», spiega Savelli. «Il Green Manager, insomma, predispone tutte le azioni alle quali una produzione deve attenersi per soddisfare i parametri della sostenibilità ambientale secondo diversi disciplinari, pubblici o privati». Al momento l’unico disciplinare pubblico è Green Film, sviluppato da Trentino Film Commission, mentre tra i privati i più diffusi sono l’Edison Green Movie, il Protocollo tecnico ZEN 2030 ed EcoMuvi. «Il disciplinare pubblico è più basilare, è fatto per diffondere una consapevolezza ambientale nel mercato cinematografico. L’unico costo è quello del Green Manager. I protocolli privati invece sono a pagamento e sono più strutturati sugli aspetti tecnici, per esempio sull’impronta carbonica, cioè la produzione di CO2 legata alle attività produttive umane di qualsiasi tipo». Nel caso del cinema, per calcolare l’impronta carbonica vanno considerati «innanzitutto i trasporti, sia della crew e del cast, sia degli equipaggiamenti, che per produzioni grosse coinvolgono tri-camper o viaggiano su camion patente C, non su furgone. Anche gli alloggi incidono molto: va considerato il riscaldamento dell’abitazione privata affittata o dell’hotel, la distanza dal set».

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Ma, sottolinea Savelli, molte di queste decisioni devono essere prese in una fase precoce della preparazione: «Per esempio, il regista e il Location Manager scelgono il set solitamente senza considerare la questione ambientale: se invece fanno i sopralluoghi già con il Green Manager possono avere un parere dal punto di vista della sostenibilità di una location piuttosto che un’altra. Fondamentale anche la scelta del catering: può capitare che, quando si sposa un protocollo green, il catering e le stoviglie siano già stati decisi. Il Green Manager può indicare invece che, rispetto al cestino, è meglio un catering a buffet con stoviglie lavabili, per produrre meno rifiuti. Lo stesso per l’acqua: con borracce e “boccioni”, oltre ad aver tagliato una grossa produzione di plastica, l’azienda risparmia perché si ottimizza la quantità di acqua utilizzata e deve comprarne meno». Sul set di A Sudden Case of Christmas per esempio, racconta Silvia Impiglia, «non abbiamo puntato sul pranzo a cestino ma sul catering a buffet, con piatti di melamina e bicchieri riutilizzabili e posate in acciaio, con l’acqua in bottiglie di vetro. Anche gli attori, alla fine, avevano piacere di mangiare insieme alla troupe al ristoro. Dovendo girare anche ad alta
quota abbiamo comunque dovuto usare alcune bottigliette d’acqua di plastica, ma abbiamo anche fornito a tutti borracce in alluminio. Spettava a me controllare che in tutte le location non venissero lasciate in giro bottigliette. Naturalmente abbiamo predisposto il riciclo di tutti i rifiuti portando sempre anche sul set i quattro contenitori per plastica, cartone, umido e rifiuti indifferenziati».
Un altro capitolo importante per la sostenibilità ecologica e i costi è la voce di spesa dei trasporti. Il Green Manager può affiancare il Transportation Manager nelle decisioni di quali mezzi usare, per esempio gli Euro 6 per le persone e gli Euro 5 per gli equipaggiamenti. «Sul set di A Sudden Case of Christmas per il trasporto della crew e i pick up abbiamo noleggiato tutte vetture Euro 6», specifica Impiglia. «Per i mezzi tecnici in Italia al momento è ancora difficile trovare generatori ricaricabili o soluzioni green, la maggior parte utilizzano ancora il diesel. Per ricaricare le radio durante le riprese in esterni avevamo però un piccolo pannello solare. Per i costumi e la scenografia sono stati riutilizzati anche dei materiali già usati proprio in Improvvisamente Natale 2, presi dal magazzino Notorious, e vernici ecosostenibili per ridipingere una stanza dell’hotel dove abbiamo girato in interni». A valutare, a fine riprese, che i parametri del disciplinare siano stati rispettati non è né il Green Manager, né il proprietario del protocollo di certificazione scelto, ma un ente terzo, un organo di verifica pubblico e gratuito (come le varie Arpa) o privato, con costi che variano in base ai singoli listini (per esempio aziende come Bureau Veritas, DNV, RINA) che giudica la correttezza delle procedure e decide sul conferimento della certificazione green.

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PIÙ ECOSOSTENIBILITÀ, MENO COSTI

I vantaggi di una pianificazione in direzione sostenibile, dunque, corrispondono spesso a un taglio dei costi. «Scegliere un disciplinare Green costringe a costruire delle procedure che permettono di analizzare in pre-produzione il processo produttivo, col beneficio diretto di un risparmio economico», dice Savelli. «Per esempio, se una produzione ha il campo base in hotel a dieci chilometri dal set non è detto che trasportare tutta la crew al ristorante dell’hotel per il pranzo, con costi di carburante e possibili ritardi, sia economicamente e ambientalmente vantaggioso rispetto al catering, che a una prima occhiata costa di più». Maggior pianificazione, più rispetto per l’ambiente, e risparmio: è per questa combinazione che la professionalità del Green Manager sarà sempre più richiesta anche nell’industria del cinema. Nel nostro Paese, ad ora, non esistono però percorsi di studio dedicati: «Servono di sicuro dei requisiti minimi», specifica Savelli. «Bisogna dimostrare, at- traverso diplomi o lauree di settore, di avere competenza in tema ambientale. Il mio è stato un caso particolare: per vent’anni ho lavorato in una multinazionale, vendendo alluminio e packaging, per la quale, nel 2010, ho preso un diploma da consulente tecno-ambientale. Naturalmente bisogna poi studiare bene i protocolli a farli applicare».

NON PROBLEMI, MA SOLUZIONI

Certo, ci sono delle criticità. A differenza che nel resto d’Europa, in Italia il Green Manager non viene visto come un membro della produzione e «deve essere abile a comunicare con la casa di produzione affinché la certificazione ambientale non diventi un motivo di attrito», spiega Savelli. «Spesso, poi, un mese prima dell’inizio di un film sono state prese ancora poche decisioni, le procedure del work flow non sono definitive. Alcune case di produzione, per loro mission, già nel tempo si sono organizzate su pratiche ambientali e hanno una maturità aziendale tale che sanno di poter ottenere un risparmio. Altre aziende non hanno una mentalità ambientale ma lo fanno perché ricevono un incentivo economico o di punteggio nei bandi regionali e ministeriali. Con le prime è facile lavorare, con le seconde meno. Il passo più difficile, di solito, è fare il primo film: dedicare tempo, risorse e persone soprattutto nella rendicontazione dei documenti. Dal secondo film, produzione e troupe di solito capiscono che il disciplinare non porta ulteriori problemi, ma soluzioni».

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