Marco Duradoni, amministratore delegato del gruppo, ha più volte ribadito che le voci circolate in questi mesi su dismissioni parziali e totali del gruppo sono false. “Non esiste oggi un gruppo italiano fornitore di contenuti del nostro livello, e a livello europeo non ci sono realtà di queste dimensioni in mano a una sola famiglia. Forse per questo parlano tanto spesso di noi e di nostri presunti problemi. Ma in questi ultimi mesi, abbiamo messo mano a tutte le situazioni pregresse, ci siamo trasformati in SpA, abbiamo scelto gli advisors per trovare partner strategici (preferibilmente stranieri, di natura finanziaria o industriale), abbiamo commissionato a McKinsey un piano industriale”. L’obiettivo infatti è la quotazione in Borsa nel 2001. Duradoni, che ha anche smentito le recentissime voci su un possibile acquisto di Tmc da parte del gruppo spagnolo Telefonica (“è solo uno degli otto soggetti con cui stiamo parlando”), ha affermato che non è certo il cinema a creare problemi, con la sua ricchezza di film prodotti e distribuiti, la sua library di duemila titoli e le sue sale cinematografiche, nonché tanti autori sotto contratto: “Il problema è la Tv, un settore in cui siamo entrati a giochi fatti, con un duopolio esistente. Ma anche qui stiamo migliorando: abbiamo inserito nuovi manager, in aprile e maggio abbiamo chiuso per la prima volta in pareggio, la raccolta pubblicitaria ha avuto un incremento di oltre il 30%. Ma non vogliamo essere marginali perciò chiediamo la certezza del diritto, mentre la situazione attuale del mercato continua a essere penalizzante per noi”. A tale proposito, Vittorio Cecchi Gori ha attaccato il sistema Auditel, frutto di vecchie logiche e spesso “truccato”, e ribadito l’interesse per la pay-per-view e la Tv digitale. Fra l’altro, in questi giorni Tmc 2 è tornata ad essere Videomusic.
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