475 film documentari sostenuti dal 2011 a oggi per un investimento di 33 milioni di euro: è lo sforzo produttivo ed editoriale che Rai Cinema ha messo a punto nell’ultima decade di cinema italiano, lavorando a stretto contatto con un genere la cui rinascita recente ha contribuito ad ampliare i punti di vista grazie ai quali indagare il nostro tempo con nuove modalità di racconto. Nel corso di un incontro con la stampa e gli addetti ai lavori tenutosi quest’oggi durante il Festival di Cannes all’Italian Pavilion dell’Hotel Majestic, l’azienda ha ripercorso gli ultimi dieci anni di attività e annunciato i nuovi documentari attualmente in produzione, tra i quali spiccano i prossimi lavori di tanti nomi di punta del cinema del reale italiano.
L’amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco, collegato da remoto causa Covid, ha inaugurato l’incontro spiegando le linee guida che hanno caratterizzato questo percorso produttivo diventato di anno in anno sempre più nitido dopo le scommesse iniziali: «Abbiamo scelto di presenziare al Festival di Cannes essendo un evento particolarmente prestigioso e anche per la presenza di Pietro Marcello, autore di punta del genere, e del suo nuovo film Le Vele Scarlette (in arrivo in autunno nelle sale con 01 Distribution, ndr). È un genere dell’audiovisivo che come nessun altro permette la massima forma di libertà e immersione nella realtà in cui viviamo. Rai Cinema ha sostenuto un progetto organico di sostegno al cinema del reale che si è andato affermando negli anni in tanti contesti internazionali che lo riconoscono appieno come cinema. A fronte di una realtà multi-etnica in costante evoluzione e difficile da indagare, il genere ha il merito di esplorare geografie ai margini. Il merito va anche a una nuova generazione di produttori indipendenti e di giovani autori molto coraggiosi, con film che viaggiano per il mondo creando un network di possibilità non ancora del tutto esplorate. Penso a giovani come Maria Tilli, Enrico Maisto, Federica Di Giacomo, Leandro Picarella, Michele Pennetta, Beniamino Barrese, Martina Melilli, Martina Di Tommaso e ovviamente la compianta Valentina Pedicini. Le linee elaborate da Rai Cinema sono il frutto di una selezione di proposte che ci arrivano ogni anno nel numero del centinaio, da autori affermati come da esordienti. La nostra missione è fornire un aiuto economico ed editoriale».
«Abbiamo riportato in Italia autori come Gianfranco Rosi, che non lavorava da tempo nel nostro paese, e rilanciato altri che non godevano magari della giusta attenzione come Roberto Minervini – prosegue Del Brocco – Molti nomi hanno confermato il loro talento a livello nazionale e internazionale e passando, come nel caso di Pietro Marcello, al cinema di finzione e contaminando il rapporto tra finzione e documentario. Il prodotto trova conferme nei grandi festival internazionali, ma anche nei molti passaggi sui canali televisivi. Il Leone d’oro a Rosi per Sacro GRA sembrava solo un inizio, ma in un breve arco di tempo è parso chiavo che questi successi, da Cannes a Toronto passando per Locarno, non erano isolati ma frutto di un progetto organico. In un’epoca caratterizzata dalla fluidità, il cinema documentario va in una direzione ostinata e contraria, offrendoci la possibilità di un ultimo treno: riappropriarci dell’umanesimo perduto, mantenendo la responsabilità etica della materia che andiamo ad affrontare».

I Dannati di Roberto Minervini
Alle parole di Del Brocco hanno fatto seguito quelle del presidente di Rai Cinema Nicola Claudio: «Volevo iniziare l’evento con un ricordo doveroso di Franco Scaglia, presidente di Rai Cinema scomparso nel 2013. Grazie alla sua visione e lungimiranza l’area documentari di Rai Cinema ha avuto uno sviluppo dinamico e concreto, trovando uno slancio pratico. Scaglia era uomo di grande cultura e aveva il desiderio che il racconto delle piccole cose trattasse temi universali. Il documentario non è un genere assertorio, bensì traversale, nei paesi anglosassoni si usa spesso il termine non fiction. Noi l’abbiamo ribattezzato cinema del reale, nel quale il racconto delle realtà assume diverse sfumature come strumento utile allo spettatore per conoscere il passato e capire meglio il presente».
Tra i film che vedremo in futuro c’è innanzitutto L’ultimo fronte di Pietro Marcello, documentario d’archivio che a partire da Stalingrado, l’odierna Volgograd, teatro della più lunga e sanguinosa battaglia della Seconda Guerra Mondiale, tratta un tema come quello della guerra da cui oggi nessuno può sottrarsi. Attraverso le parole scritte dai soldati prigionieri nella sacca del diavolo emerge l’atrocità della guerra, il dramma dei vinti e la tragedia dei vincitori (le lettere riuscirono ad uscire dalla sacca e arrivare in Germania dove vennero considerate elementi destabilizzanti dalla propaganda, testimonianze di debolezza. Ne venne ordinata la distruzione immediata). I frammenti di queste lettere, selezionati e articolati, sono la base del film e vanno a comporre un mosaico di tessere sonore e visive, costruite attraverso la ricerca di immagini di archivio tedesche, sovietiche, italiane, ungheresi e rumene. Immagini non solo di battaglie e vittorie, ma al contrario immagini di sconfitta, ritirata. L’iconografia di un mondo di vinti.
Il regista Pietro Marcello, ospite dell’incontro, ha chiarito meglio le coordinate del progetto: «Molti miei film sono stati prodotti insieme a Rai Cinema – La bocca del lupo, Il silenzio di Pelešjan, Bella e perduta – e non è un caso che tornino a fare documentari e lavorare sugli archivi. Quest’ultimo progetto è un film su cui m’interrogo da vent’anni a partire dagli scritti di Nuto Revelli, visto che l’anti-fascismo italiano è nato proprio in Unione Sovietica da coloro che rientravo dalla guerra. Ho lavorato sui suoi testi, ma anche in Russia sugli archivi. Il processo si era spesso arenato in passato per ragioni economiche. Pietro Calamandrei diceva: se volete sapere qualcosa della Resistenza, cercate sui fronti».
A spiccare nel lungo elenco di documentari freschi d’annuncio e attualmente in produzione, descritti nel dettaglio dal responsabile dell’area documentari di Rai Cinema Gabriele Genuino, I dannati di Roberto Minervini, ambientato nell’Arizona alla fine dell’800 al tempo Guerra di Secessione. «Piano piano si è fatta larga l’idea che c’era la necessità assoluta della finzione all’interno del documentario, con l’obiettivo e la certezza di restituire però la sensazione e l’esperienza di realtà di un manipolo di uomini dell’Unione che parte alla ricerca di un gruppo di Confederati e in questa esperienza si perde e si dissolve, affrontando l’assurdità della guerra e del dolore e della separazione che causa negli esseri umani», spiega Genuino.
Tra altri titoli Il viaggio degli eroi di Manlio Castagna e La bella stagione di Marco Ponti, accomunati dal racconto di due imprese calcistiche memorabili: il primo parla dell’esperienza epica della nazionale dell’82, i cui calciatori si compattano intorno al ct Enzo Bearzot in un clima di sfiducia fino a conquistare l’ambita Coppa dei Mondiali di Spagna, mentre il secondo racconterà della straordinaria Sampdoria di Mancini e Vialli, altro gruppo di ragazzi che, compattandosi, raggiunse lo storico scudetto nel 1991 (un team che poi ha portato alla vittoria degli ultimi europei da parte della Nazionale italiana e a quell’abbraccio tra Mancini e Vialli della scorsa estate che tutti ricordiamo).

IN-VISIBILE di Adele Tulli
Seguono In-visibile di Adele Tulli e Bestiari, Erbari, Lapidari di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti. «Il primo è una riflessione sull’identità di genere in relazione al dissolvimento della vita concreta in quella digitale, un confine che si sta sempre più spostando – precisa Genuino – Dall’altra parte Martina e Massimo partono da premesse opposte, dalla concretezza estrema degli animali, delle piante e delle pietre, di tutte le cose di questo mondo cui dovremmo tornare a rivolgerci come abitanti del Pianeta Terra».
E ancora: Portrait of the Queen di Federico Ferri, dove uno dei fotografi italiani più importanti fa un ritratto della regina Elisabetta d’Inghilterra in occasione del giubileo del suo 70esimo anno di regno, scandito attraverso le istantanee, realizzate dai fotografi più importanti del mondo, di una figura straordinariamente iconica e rappresentativa; The Emperor di Ruth Beckerman, basato sul libro del 1978 L’imperatore dell’autore polacco Ryszard Kapuściński, il quale, impiegando diversi livelli narrativi, realizza uno straordinario ritratto di Hailé Selassié, il leggendario negus neghesti d’Etiopia, e della vita di Palazzo ad Addis Abeba; I fratelli Segreto, dai registi de Il varco Federico Ferrone e Michele Manzolini, progetto su due fratelli campani, Pasquale e Gaetano Segreto, sfuggiti alla povertà dell’Italia di fine ‘800 in cerca di fortuna nel Nuovo Mondo; infine il nuovo film del pluripremiato regista Gianfranco Rosi dopo l’Orso d’oro a Berlino per Fuocammare e Notturno, del quale per il momento per volontà dell’autore si conosce solo il titolo, In Viaggio.
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