Di seguito un estratto dell’intervista all’attore Alessandro Borghi, pubblicata su Box Office del 15-30 marzo (n. 5-6). Per leggere il testo integrale, scaricare la versione digitale dall’app di Box Office su Google Play e App Store, o abbonarsi direttamente alla versione cartacea della rivista.
Considerato uno degli attori italiani più versatili e carismatici del panorama audiovisivo nazionale e internazionale, Alessandro Borghi coniuga alla perfezione una vena artistica con un’attitudine al rischio imprenditoriale. Ne sono un esempio i progetti ambiziosi a cui prende parte, selezionati con precisione chi- rurgica alternando opere per cinema, Tv e streaming. Basti pensare al successo del serial Diavoli (in arrivo la seconda stagione) interpretato in lingua inglese e distribuito in 160 Paesi. E questa duplice impronta, artistica e imprenditoriale, si rende ancora più evidente nella sua recente impresa Newness srl, fondata a fine 2021 insieme a Guido Maria Brera. Si tratta di una società di sviluppo creativo, dove giovani di talento realizzano soggetti e sceneggiature che vengono poi presentati alle case di produzione per trasformarli in film o serie Tv, su cui Borghi ha scelto di puntare per ragioni ben precise: «Ho impiegato 12 anni prima di poter fare ciò che desideravo e so cosa significa l’assenza di opportunità».
Lei è uno dei pochi attori italiani che è riuscito a costruire una solida carriera alternando sapientemente progetti ambiziosi per cinema, streaming e Tv. È stata una strategia consapevole e pianificata, oppure frutto del caso?
Mi fa piacere che la pensi così, perché come giudice di me stesso valgo sempre molto poco. Ma credo non esista una risposta chiara a questa domanda. Sicuramente la mia carriera è anche frutto della collaborazione con persone che negli anni mi hanno accompagnato a prendere certe scelte. Non ho mai pianificato a priori un percorso lavorativo, ma ho sempre pensato di dover fare ciò che un giorno, guardandomi indietro, mi avrebbe riempito di soddisfazione. Spero di avere ancora molta strada davanti, sono convinto che là fuori ci siano milioni di storie che attendono solo di essere raccontate e interpretate.

Alessandro Borghi insieme a Patrick Dempsey nella seconda stagione di Diavoli (© courtesy of Lux Vide)
Cosa ha contribuito maggiormente a lanciare la sua carriera? Il piccolo o il grande schermo?
Direi il piccolo schermo. Anzi, no, non è vero. Senza i film Non essere cattivo di Claudio Caligari e Suburra di Stefano Sollima, oggi non saremmo qui a fare questa intervista. Lavorare con questi grandi registi mi ha arricchito sia professionalmente che umanamente. Poi è stato decisivo il serial Suburra, che ha amplificato la mia immagine permettendomi di raggiungere milioni di persone. Ma penso che il mio cuore apparterrà sempre alla dimensione cinematografica.
Davvero?
Sì, perché in un film è tracciato con più chiarezza il percorso dei personaggi, è più definito. In una serie, invece, ogni puntata deve tenere conto di centinaia di caratteristiche e sfumature del personaggio che è difficile tenere insieme. E poi l’esperienza cinematografica è unica nel suo genere, è il punto sorgivo di ogni altra forma di intrattenimento audiovisivo.
La serie Tv Diavoli ha certamente contribuito a lanciarla all’estero. Cosa serve oggi a un attore italiano per affermarsi oltreconfine?
Sicuramente è essenziale padroneggiare la lingua inglese. Per molti anni questa è stata la discriminante maggiore nei confronti dell’estero, anche se non ho mai visto un grande interesse degli altri Paesi verso di noi. Oggi, purtroppo, è ancora difficile entrare a pieno titolo nel mondo cinematografico internazionale, dove spesso vige una visione stereotipata dell’italiano che mangia la pizza, suona il mandolino e parla con un forte accento nostrano. Per questo ho deciso di non prendere mai parte a questo tipo di progetti e di studiare per migliorare il mio inglese. Fortunatamente negli ultimi anni le pay tv e le piattaforme streaming hanno avviato un grande processo di rinnovamento, più inclusivo e lungimirante. Basti pensare a Diavoli.

Alessandro Borghi (© Getty Images)
Tornando al cinema,immagino non sia stato facile digerire la performance di Supereroi, che ha risenti- to della situazione pandemica.
Sì, purtroppo il film di Paolo Genovese è uscito a ridosso del decreto del Governo che ha introdotto nuove restrizioni alle sale per arginare l’avanzata della variante omicron. Il pubblico era timoroso e ha preferito restare a casa. Ma tristezza a parte, questo fatto mi ha interrogato. Ho compreso quanto sia importante creare opere che incentivino le persone a uscire di casa per vedere un nostro film. Non possiamo più dare per scontata neanche la presenza di un singolo spettatore in sala.
Cosa l’ha spinta a fondare insieme a Guido Maria Brera a fine 2021 Newness srl?
Newness srl nasce come una società di sviluppo creativo, una stanza fisica dove giovani di
talento sviluppano soggetti e sceneggiature che, una volta terminati, vengono poi presentati alle case di produzione per trasformarli in film o serie Tv.
Stiamo parlando di progetti per cinema,Tv o streaming?
Inizialmente sia io che Guido eravamo più orientati verso la dimensione cinematografica ma ultimamente, visto il periodo complesso, siamo più aperti verso Tv e piattaforme streaming. L’idea è quella di creare un 70% di script per film destinati alle sale e un 30% per serial.

Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio in una scena di Delta (© courtesy of Rai Cinema/Groenlandia)
Dove potremo vederla al cinema quest’anno?
L’anno scorso è stato meraviglioso dal punto di vista lavorativo e ho ultimato tre film di cui vado orgoglioso. Mi vedrete al fianco di Luigi Lo Cascio in Delta, opera seconda di Michele Vannucci, e nell’opera prima di Francesco Carrozzini The Hanging Sun, girato interamente in inglese e con un cast internazionale. Sarò anche protagonista, insieme a Luca Marinelli e Filippo Timi, di Le otto montagne di Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Sono state tutte esperienze indimenticabili che mi hanno permesso di vivere diversi mesi a contatto con la natura e lontano dal caos della città.
Lei è molto attivo su Instagram. Qual è il suo approccio ai social?
Premesso che non sono mai stato un grande amante dei social (vivremmo tutti molto meglio senza), credo sia importante usarli nel modo che più ci rispecchia. In generale sono una lente di ingrandimento: se sei brillante, vivace e intelligente, ora lo sanno tutti, e viceversa. Per una persona sotto i riflettori è diventato complesso gestire “liberamente” le proprie pagine, perché qualunque post si pubblichi ci sarà sempre qualcuno scontento o pronto a criticare. Allo stesso tempo, però, i social sono una cassa di risonanza e un canale di promozione essenziale per il proprio lavoro. Basti pensare che sui miei 900mila follower di Instagram, ogni mio post è visualizzato da almeno 100mila persone. Ad ogni modo preferirei che i social servissero a socializzare innanzitutto nel mondo reale, anziché in quello virtuale, magari promuovendo incontri, assemblee o eventi in cui si possa discutere, dibattere e, perché no, anche criticare. Ma dal vivo, non dietro uno schermo.
Le piacerebbe provare a cimentarsi dietro la macchina da presa?
Mi piacerebbe molto ma…».
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